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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2013 alle ore 10:19.
L'ultima modifica è del 13 ottobre 2013 alle ore 13:37.

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Ake Sellstrom (Corbis)Ake Sellstrom (Corbis)

Sembrava il riconoscimento degli sforzi della comunità internazionale di mettere pace in Siria, il Paese martoriato da due anni di guerra civile nata con la primavera araba, l'estate scorsa minacciato di raid Usa dopo un attacco chimico sui civili e per questo al centro della tensione diplomatica fra Washington e Mosca nel settembre scorso. Il Premio Nobel per la Pace 2013 è stato infatti assegnato all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw), dopo l'anticipazione della tv pubblica norvegese. Sembrava che i giurati di Oslo, che decidono il Nobel per la Pace, avessero così premiato i tecnici che ora e nei prossimi mesi lavoreranno allo smantellamento dell'arsenale chimico del presidente Assad messo sotto accusa dalla comunità internazionale dopo l'eccidio di 1.400 persone in un sobborgo di Damasco il 21 agosto scorso. Un approccio molto diverso da chi proponeva il premio Nobel al presidente russo Putin, attore interessato delle vicende siriane e della sorte del suo presidente di cui è sponsor.

Eppure da Oslo arriva la precisazione: l'Opcw (Opac nell'abbreviazione in italiano) non è stata premiata specificamente per la missione in Siria ma per il lavoro che porta avanti da molti anni. Una precisazione diplomatica che tuttavia non toglie nulla al valore politico del premio vista la rilevanza della materia nella controversia mondiale attorno a Damasco.

Lo smantellamento dell'arsenale chimico del regime siriano dovrà essere completato entro la prima metà del 2014. Un team dell'Opac guidato dallo svedese Ake Sellstrom (nella foto) si trova già nel Paese che secondo i calcoli possiede una riserva di oltre mille tonnellate di armi non convenzionali (tra cui gas sarin e iprite) distribuite in almeno 45 località. La missione si basa su una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu approvata all'unanimità dopo il terribile attacco del 21 agosto a est di Damasco.

L'emittente norvegese Nrk, solitamente con buone fonti nel Comitato per il Nobel norvegese, aveva anticipato che il riconoscimento non sarebbe andato alla favoritissima Malala Yousafzai, la sedicenne pakistana sopravvissuta a un attacco talebano nell'ottobre 2012. Malala sarebbe stata considerata troppo giovane e c'era il rischio che il Nobel la mettesse ancora più nel mirino dei talebani pakistani. L'impegno di Malala era già stato ricompensato giovedì con il prestigioso premio Sakharov assegnato dal Parlamento europeo. Le previsioni di Nrk negli anni scorsi si erano rivelate vere: nel 2012, diverse ore prima dell'assegnazione, la tv aveva preannunciato che il premio Nobel per la pace sarebbe andato all'Unione Europea, come poi accaduto.

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