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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2013 alle ore 08:11.
L'ultima modifica è del 14 ottobre 2013 alle ore 08:13.

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Valgono una grande azienda. Pesano come cinque stabilimenti Fiat messi insieme, ma "fabbricano" poltrone, raccomandazioni, servizi a prezzi decisi senza il confronto-conforto del mercato e della concorrenza, "costruiscono" atti di pura interdizione spesso inutili se non a esprimere un potere formale di assenso o diniego dietro il quale si nasconde un'autorità (o un potere) raramente una intelligenza o una vera ragione.

Sono oltre 19mila i soli consiglieri di amministrazione delle tante società pubbliche e partecipate dallo Stato e dagli Enti locali: naturalmente non tutte sono società improduttive o inutili, tutt'altro. Ma anche se depurato dalla consistenza dei numeri delle aziende sane, produttive e strategiche, l'esercito di chi vive di sottogoverno è enorme. Sono quasi 7.800 gli enti, quelli che chiamano i cittadini mai clienti, solo utenti.
E, quel che stupisce di più, cresce. Cresce anche se le aziende perdono (più di un terzo ha bilanci in rosso) pur continuando a creare occupazione ben oltre ogni compatibilità (sono oltre 300mila gli addetti complessivi, un bel gruzzolo di voti).
Cresce, quel numero di enti, dell'8% in un anno; con buona pace delle campagne sull'invadenza dei politici professionisti e dei burocrati del sotto-potere locale e nazionale. Per le società che fatturano più del 90% direttamente all'ente controllante (come è la stragrande parte delle società dei Comuni) doveva scattare la tagliola dell'alienazione, ma naturalmente è intervenuta una proroga (e poi ne arriverà un'altra e un'altra ancora...). In quasi un decennio sono stati migliaia i dibattiti sulla necessità di tagliare i costi della politica e della sotto-politica, ma quella multinazionale figlia della partitocrazia, ramificata su scala nazionale e su scala locale ha proliferato in silenzio. A volte anche alimentata da campagne di consenso mistificate nelle premesse, come è stata la battaglia sul referendum per l'acqua pubblica.

Battaglia che ha confuso e travolto ogni razionalità nella discussione per un servizio da affidare a privati con gara trasparente, mantendendo la titolarità pubblica di quel bene, ma cercando di garantirne l'efficienza di gestione (oggi la rete idrica ha perdite per il 38% e avrebbe bisogno di investimenti colossali).
Gli stipendi complessivi delle 7.800 società costano 15 miliardi: chissà, forse con un piccolo taglio, quel miliardo e 600 milioni che serve a far tornare il deficit sotto il 3% poteva anche venire da qui. Molte delle società locali nulla hanno a che fare con il mercato; sono cronicari per politici trombati, per sindacalisti a fine corsa, per burosauri senza arte nè parte. Hanno dato vita a un fenomeno studiato da un po': quello del cosiddetto "socialismo municipale", dove le partecipate soprattutto da Comuni, Province e Regioni gestiscono comodi business in house, cioè senza gare.
Non solo non è stato possibile abolire le Province per la farraginosità del percorso istituzionale necessario a raggiungere lo scopo, ma nemmeno si è disboscata quella giungla parassitaria che vive di gettoni di presenza.

"Stato e mercato" è un dibattito alto, da rivista scientifica: accompagna da sempre la storia del pensiero economico. E accompagna anche la cronaca di un Paese dove l'assetto capitalistico non sarà mai compiuto fino a quando servirà la supplenza pubblica, dall'azienda dei telefoni a quella del trasporto aereo.
Però, "Stato e mercato" significa che più la presenza pubblica è invasiva, meno si liberano risorse per altri scopi (solidarietà e welfare) e, soprattutto, meno si configura un Paese dove abbia cittadinanza il premio al talento, la libera iniziativa privata, il merito per scegliere la classe dirigente. Non è più tempo di fare spallucce, di tollerare la levantinità di quel modello di creazione di consenso e di redditi. L'Italia è in cerca di una strada per la crescita che sia solida e duratura: da questra strettoia si passa all'età della modernizzazione. Ma una cosa è certa: se il Paese non si libera prima di questa zavorra improduttiva e senza senso, in quello "stargate" che ci deve portare al futuro non passerà nessuno.

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