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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2013 alle ore 07:05.
L'ultima modifica è del 15 ottobre 2013 alle ore 07:28.

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Se in questi giorni provate a chiamare la Casa Bianca vi risponde un messaggio registrato che vi spiega come il centralino sia chiuso per mancanza di fondi. Persino i siti web delle principali agenzie governative non funzionano.
È difficile stabilire se queste interruzioni di servizio siano un effetto diretto del blocco dei fondi statali causati dall'impasse sul budget o il risultato di una strategia di Obama, che vuol far pagare ai Repubblicani le conseguenze della loro ostinazione. Di certo c'è che la battaglia politica tra presidente e maggioranza Repubblicana in Congresso è tracimata da Washington e sta coinvolgendo l'intero Paese. Se i contendenti non dovessero raggiungere in tempi brevi un accordo per elevare il tetto sul debito, le conseguenze si farebbero sentire sul mondo intero. Di chi è la colpa di questo impasse? La tensione nasce da una radicalizzazione dei rapporti tra i due maggiori partiti in una situazione in cui il Senato è a maggioranza Democratica e il Congresso a maggioranza Repubblicana. Come nel 1994 e nel 2011, i Repubblicani usano il loro diritto di veto al Congresso per ottenere delle concessioni da parte di un presidente Democratico. Fa parte del normale gioco politico.

Quello che non è normale, è il livello delle pretese e il rischio che i Repubblicani sono disposti a correre pur di ottenerle. Nel 2011 i Repubblicani usarono il loro diritto di vero sull'innalzamento del tetto del debito per ottenere delle riduzioni di spesa. Il mezzo era commensurato al fine ed il fine era raggiungibile. Di fatti il gioco, almeno in parte, riuscì.Oggi invece i Repubblicani stanno usando il loro diritto di veto sia sul budget che sul tetto di debito per affondare la riforma sanitaria di Obama. Più che una trattativa politica, assomiglia ad un ricatto. Non solo moralmente ripugnante, ma anche stupido: perché non possono vincere. In una guerra di nervi vince chi cede per ultimo. È facile prevedere che costui sarà Obama. Non solo è riuscito a scaricare sui Repubblicani il costo dell'impasse, ma ha la determinazione di chi combatte per la propria sopravvivenza politica. La riforma sanitaria è l'unico risultato tangibile ottenuto da Obama in 5 anni di governo, e probabilmente l'unico che otterrà durante la sua presidenza. Rinnegarlo significherebbe per lui distruggere la propria immagine per sempre. Questa disperazione gli dà un vantaggio strategico. Se il finale è così chiaro, perché i deputati Repubblicani insistono nel braccio di ferro? I motivi sono due. Il primo è una conseguenza perversa del sistema elettorale uninominale. Negli anni i collegi elettorali sono stati ridisegnati in modo da creare dei collegi sicuri. Di conseguenza in molti collegi i candidati Repubblicani non hanno nessuno sfidante Democratico. Tutta la lotta avviene nelle primarie, dove il candidato più radicale vince. Per questo i deputati Repubblicani non temono l'opinione pubblica: l'unica cosa che interessa loro è il consenso tra gli elettori Repubblicani. Sono disposti a far perdere voti al partito, pur di garantirsi la rielezione.

Il secondo motivo è ancora più problematico. Il tipico elettore Repubblicano è stufo di un partito che negli ultimi anni sembra aver rinnegato tutti i valori fondamentali a cui si era ispirato in passato. Sotto Bush l'antistatalismo di Reagan si è trasformato in un'espansione enorme dello Stato in tutti i settori. Sempre sotto Bush la difesa del libero mercato è diventata la difesa del profitto dei ricchi a danno dei poveri. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il recente voto a difesa dei sussidi all'agricoltura e contro gli aiuti alimentari agli indigenti. Da partito pro mercato, i Repubblicani si sono trasformati in un partito pro ricchi. In questo contesto il Tea Party rappresenta innanzitutto una rivolta contro l'establishment Repubblicano, che ha tradito i suoi ideali. Il Tea party vuole una riduzione della spesa statale e (conseguentemente) delle imposte, e non si fida più di chi dirige il partito. Il presidente repubblicano della Camera John Boehner non riesce a trattare con Obama perché non controlla più i suoi deputati. I Repubblicani appartenenti al Tea Party non si fidano di lui. Ingannati troppe volte dal partito, preferiscono una radicalizzazione dello scontro che un ennesimo cedimento. In questo gioco di nervi, a saltare per primi potrebbero essere i mercati finanziari. La data del 17 di Ottobre è fittizia. Il Tesoro americano può continuare a pagare il debito per molti giorni ancora prima di fare default. E alla fine mi aspetto che ci sia un accordo. Ma anche se questa volta il disastro sarà evitato, la politica americana sembra assomigliare sempre più a quella italiana, e non è un complimento.

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