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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2013 alle ore 07:11.
L'ultima modifica è del 31 ottobre 2013 alle ore 07:38.

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Così in ottobre il Paese che dispone delle maggiori riserve di petrolio dell'Africa, ed è il terzo esportatore di gas naturale del Continente, si è trovato in una situazione paradossale; costretti ad acquistare gasolio e olio combustibile dai Paesi vicini per mantenere in vita le centrali elettriche. Un bel grattacapo per il premier Ali Zeidan, divenuto drammaticamente popolare in tutto il mondo quando, il 10 ottobre, era stato sequestrato - anche se solo per qualche ora - da una milizia assunta per proteggere il Governo. Ora che le proteste sono dilagate nelle regioni occidentali, il blocco alle esportazioni ha coinvolto anche alcuni importanti terminal della Tripolitania. Qui sono le tribù berbere e importanti gruppi di ribelli, come gli Zindan, ad aver assunto l'iniziativa. Orfano di un esercito nazionale, e incapace di disarmare le potenti milizie, il Governo non ha molte carte da giocare.

Chi importava greggio da Tripoli dovrà quindi guardarsi intorno, almeno per le prossime settimane.
«Per supplire al greggio mancante dalla Libia - continua Marsiglia - ha preso subito il via un'operazione di diversificazioni degli approvvigionamenti. Certo non indolore, direi anzi piuttosto onerosa. Perché dobbiamo reperire il petrolio sul mercato spot, pagandolo di più. A questo vanno poi aggiunti i costi di trasporto, come le petroliere, e quelli assicurativi, di gran lunga maggiori. Da tempo vado ripetendo che va ripensata la strategia di approvvigionamento italiano, investendo sullo sviluppo delle riserve nazionali di idrocarburi.
Nel mentre il piccolo Azerbaijan , Paese che produce un pregiato greggio simile a quello libico, è tornato alla ribalta imponendosi come primo fornitore dell'Italia. Naturalmente a condizioni più onerose.

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