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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2013 alle ore 11:05.
L'ultima modifica è del 31 ottobre 2013 alle ore 13:38.

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Marco MonariMarco Monari

La colpa è della stampa: sono i giornalisti che continuano a pubblicare notizie con nomi e cognomi (tra cui ovviamente il suo) ad essere nel torto. In estrema sintesi il messaggio arrivato ieri sera dal capogruppo Pd in Regione Emilia Romagna, Marco Monari, indagato per peculato assieme agli altri 8 capigruppo dell'amministrazione, è questo. È questa botta di vittimismo da agnello immolato sull'altare dello scandalo che, però, si unisce ad una presa di coscienza tale da indurre il numero uno dei democratici di viale Aldo Moro a riflettere sull'opportunità di dimettersi.

Un passo indietro: Monari, secondo le carte al vaglio della finanza avrebbe chiesto e ottenuto rimborsi per 30 mila euro tra giugno 2010 e dicembre 2011. La voce di spesa sotto la quale sono spuntati questi 30 mila euro è "ristorazione": oltre 2mila euro al mese per andare a mangiare assieme a un ristrettissimo gruppo di commensali in ristoranti pluristellati capaci di staccare ricevute per tre coperti anche di 689 euro. Ma Marco Monari, odontotecnico ex Margherita fiorita nel Pd, non ci sta a venire additato come mangione a scrocco delle tasche dei contribuenti e per questo, dopo un paio di giorni di silenzio tombale, prende carta e penna e scrive una nota: «So bene il disagio ed il disorientamento che le indiscrezioni hanno prodotto in tanti cittadini, elettori e iscritti del Pd ed è un disagio che, ovviamente, vivo anche io. Per questo sono pronto a fare un passo indietro da presidente del gruppo, senza che nessuno me lo debba chiedere, perché per me il rapporto con la nostra gente è la cosa più importante. Lo farò sinceramente appena capirò, al di là delle indiscrezioni, la consistenza e la natura delle contestazioni che mi verranno eventualmente mosse. Confido quindi nel più rapido accertamento dei fatti da parte della magistratura, questo perché non si possono fare processi sommari».

I processi sommari, secondo Monari, sono quelli "istruiti" dai cronisti che raccontano di quei soldi usati per mangiare in posti che un comune mortale sa a malapena che esistano, così continua puntando il dito contro la stampa: «Debbo rilevare il continuo stillicidio di notizie che, attingendo a fonti di incerta provenienza, sottopongono quotidianamente il sottoscritto ad una vera e propria gogna mediatica, arrivando a rappresentarmi come uno scialacquatore di denaro pubblico e distributore di finta beneficenza, cosa che non sono e lo dimostrerò. L'esistenza di un'indagine della magistratura tuttora in corso richiederebbe a tutti cautela e responsabile prudenza nella diffusione di dati non controllati ed allo stato non controllabili, oltreché sottoposti a vincoli di segretezza investigativa. Ritengo tuttavia a questo punto necessario, per rispetto dell'Istituzione di cui faccio parte e per rispetto degli elettori, affermare con forza la mia profonda convinzione che nessun reato sia stato commesso» . Tutto come da copione, ma a questo punto urge una precisazione: la provenienza delle notizie non è incerta, a meno che per Marco Monari ad essere incerte siano le istituzioni preposte all'amministrazione della giustizia.

Tra gli indagati c'è anche Silvia Noè, capogruppo Udc. Cognata di Pier Ferdinando Casini, Noè risulta avere chiesto un rimborso per la partecipazione ad una cena di beneficenza dell'ANT. Esattamente come il suo collega Monari. Sul fronte Pdl, poi, si scopre che qualcuno (ma non è specificato chi tra i consiglieri) ha fatto un acquisto da Tiffany nel periodo natalizio del 2011 per un valore di poco meno di 500 euro, mettendolo in rendicontazione tra le spese del gruppo.

Infine, mentre in queste ore la Procura ha annunciato l'accorpamento dell'inchiesta sulle interviste a pagamento nelle emittenti locali a quella in corso, si scopre che sotto la lente della magistratura stanno passando rimborsi per 5 milioni di euro, anche se dall'amministrazione regionale si precisa a gran voce che non tutto il budget a disposizione per le spese di rappresentanza dei gruppi consiliari è stato speso: ne è avanzato anzi un bel po'. E meno male.

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