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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2013 alle ore 13:12.
L'ultima modifica è del 02 novembre 2013 alle ore 19:57.

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"I fanghi radioattivi arrivavano dalla Germania in cassette di piombo da 50, un po' lunghe", dice Carmine Schiavone alla commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti. Ma lui non le ha mai viste, queste piccole tombe. E specifica: "Qualcuno me lo ha spiegato, anche perché non andavo certo a vedere l'immondizia di notte". Già, dopotutto, lui era comunque un capo. Il cugino del superboss Francesco Sandokan Schiavone. L'uomo dei soldi e del potere che puzzano di zolfo.

L'audizione del pentito casalese del 7 ottobre 1997, desecretata l'altro ieri dall'ufficio di presidenza di Montecitorio, è una panoramica sul modello mafioso casertano in cui trovano spazio non solo le spiegazioni (allucinanti) sul traffico di rifiuti in Campania, ma anche inquietanti spaccati sulle infiltrazioni del clan nella vita pubblica, a cominciare dalla politica.

I sindaci? Cosa nostra. "In tutti i 106 comuni della provincia di Caserta noi facevamo i sindaci, di qualunque colore fossero. Io, ad sempio, avevo la zona di Villa Literno e sono stato io a far eleggere il sindaco. Prima il sindaco era socialista e noi eravamo democristiani […] A Frignano avevamo i comunisti. A noi importava non il colore, ma solo i soldi". Più chiaro di così.

Da comunista a democristiano. Si dilunga in un aneddoto, il collaboratore di giustizia. "A Villa Lietrno ho 'fatto' io stesso l'Amministrazione comunale. Abbiamo candidato determinate persone al di fuori di ogni sospetto […] ed abbiamo fatto eleggere dieci consiglieri".

Ebbene, finite le elezioni, "io li ho riuniti e ho detto loro: 'Tu fai il sindaco, tu fai l'assessore'... e via di questo passo. Mi hanno detto: 'Ma manca un consigliere per avere la maggioranza'". La soluzione, a sentire Schiavone, è elementare. Ordina al capozona di avvicinare il consigliere comunista. "Ho detto: 'Andate a prendere Enrico Fabozzo e lo facciamo diventare democristiano. Infatti, lo facemmo assessore al personale". Insomma: "la sera era comunista e la mattina dopo diventò democristiano". Il diavolo e l'acqua santa.

Servizi segreti e P2. Il re Mida dell'immondizia non è, però, un camorrista secondo Schiavone. Ma uno spregiudicato avvocato casertano di nome Cipriano Chianese che si accompagna a un socio, Gaetano Cerci. Potenti, potentissimi entrambi: al primo, quand'era ancora un professionista apparentemente pulito che girava in Ferrari per Caserta e guadagnava 700 milioni di lire al mese, agenti dei servizi segreti italiani chiedevano raccomandazioni per avanzamenti di carriera e trasferimenti. Al secondo, invece, il clan aveva affidato il canale di comunicazione con la massoneria e la P2 di Licio Gelli: quando è stato arrestato, Cerci, aveva come autista un carabiniere.

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