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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2013 alle ore 13:12.
L'ultima modifica è del 02 novembre 2013 alle ore 19:57.

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Così fan tutti (i clan). Stando alle parole di Schiavone, il sistema dell'interramento dei rifiuti sarebbe una pratica comune alla quasi totalità delle organizzazioni malavitose del Sud Italia. "Tutti i clan, tutte le associazioni criminali erano interessate, perché si trattava di decine di miliardi all'anno nel libro mastro – si legge ancora nel verbale -. In più, c'era chi gestiva queste attività ed aveva il suo tornaconto personale di nascosto dal clan. Tutti lo facevano, pure io scavavo nel terreno e avevo un certo tornaconto perché i terreni li compravo io".

Dalla Puglia rifiuti in Albania. Dunque: il traffico di rifiuti ha infettato non solo la Campania, ma anche la Calabria, la Sicilia e la Puglia. E, forse, anche l'estero se è vero quel che confida ai magistrati l'ex contabile dei Casalesi.

"Se venivano portati rifiuti in Albania, lo facevano forse i pugliesi. A noi non interessava. L'Albania, come il Montenegro, ci serviva come terra di appoggio per i latitanti, oppure per l'attraversamento di armi e altre merci".

Spiega il cugino del padrino Sandokan: "In Albania comandavamo noi, mica Hohxa (Enver Hohxa, leader del partito del Lavoro e già primo ministro, ndR). Si pagavano 5mila lire a cassa per il deposito, 15mila lire a cassa per la scorta di motovedette militari nelle acque internazionali se si avvicinavano le motovedette italiane", spiega riferendosi a un altro traffico: quello di sigarette ed armi.

Affari in Brasile e in Europa. La parentesi che Schiavone dedica ai tentacoli della Piovra in Albania e nel resto d'Europa e del mondo merita un approfondimento. "Ho iniziato con le sigarette: comprammo una nave in disarmo in Olanda (la comprò Tonino 'o zingaro) e quando mi accorsi che stavano trattando anche droga mi opposi e chiesi la mia quota, per il mio business personale […] Michele Zaza (il capo internazionale del contrabbando tra gli anni Settanta e Ottanta, collegato alla mafia siciliana e al clan dei Marsigliesi, ndR) nella guerra cutoliana ci dava 100 milioni al mese perché avevamo gli uomini che lo difendevano: lui pensava solo a fare soldi; investì parecchi miliardi a Santo Domingo con Umberto Ammaturo e Tonino Bardellino, per fare ville e costruzioni […] In Brasile rimase Mario Iovine, per esempio nella zona di Ipanema".

Schiavone ammette di aver "caricato solo una volta un camion di armi attraverso Lucio Di Donna, che aveva grosse influenze a Roma, nel Liechtenstein; si vantava, ma non so quanto fosse vero, di essere molto vicino al Grande oriente d'Italia".

L'ok del parroco agli scavi. I Casalesi hanno insomma utilizzato le province di Napoli e Caserta come una immensa pattumiera, arrivando a scaricare rifiuti anche nel basso Lazio (Latina, Frosinone, Gaeta fino a Cassino) e nel Molise. E utilizzando gli scavi per la costruzione dell'autostrada Napoli-Caserta come "tombe" per i rifiuti pericolosi. Ogni fazzoletto di terreno poteva (e doveva) essere utilizzato. In un caso, è stato addirittura usato un appezzamento di proprietà di una chiesetta del Casertano.

"Nel 1990, mio genero mi disse che i carabinieri erano stati da lui e avevano trovato tre fusti di rifiuti tossici; presentò allora una regolare denuncia. Tra l'altro, quel terreno non era suo ma della parrocchia; poiché il parroco aveva celebrato il matrimonio della mia prima figlia, per aiutarlo gli fece scavare il terreno".

Il viaggio in elicottero. L'ultima scena che Carmine Schiavone consegna ai commissari, quel 7 ottobre di sedici anni fa, è surreale. Perché dimostra che, davvero, il problema dell'emergenza ambientale in Campania è questione tutt'altro che di sola competenza criminale.

"Quando abbiamo fatto il giro in elicottero – dice riferendosi ai sopralluoghi effettuati all'inizio della sua collaborazione con la giustizia per individuare i siti contaminati – abbiamo visto un camion che stava scaricando e che poi è scappato".

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