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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2013 alle ore 07:00.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:40.

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A dispetto del nanismo politico e di tutti gli imboscati nelle "zone franche" delle rendite e nelle pieghe dei privilegi, l'Italia sta galleggiando e con ogni probabilità riuscirà a sfruttare l'alta marea della ripresa nel prossimo biennio. Una sua efficace rete galleggiante é la famiglia con la sua capacità d'interpretare in positivo la fase avversa.
Sulla crisi sociale - disoccupazione e consumi -, al momento, si sa solo che durerà ben oltre la recessione economica.

Nel frattempo, una buona parte di quel 90% d'italiani colpito dalla crisi ha rielaborato il lutto dell'austerità imposta dai governi, percepita come una sorta di digiuno dai propri desideri consumisti, sollecitati ai tempi credito facile e ora frustrati dallo stato di deprivazione relativa. Nel senso comune, è passata l'idea che, di fronte a una crisi così profonda, l'unico modo di reagire è impegno sul lavoro, sobrietà nel consumo, senso del risparmio. La fragilità emotiva dei primi anni di crisi sembra lasciare il passo a una rielaborazione con la quale gli individui tentano di reagire a partire dal proprio capitale relazionale a prescindere dalla debolezza del ponte di comando. Non tutti ce la fanno: la crisi ha messo a nudo l'importanza di ruoli e status e, inoltre, non tutti gli italiani oggi possono avvalersi di quel formidabile ammortizzatore sociale rappresentato dalle reti familiari, che danno quotidianamente buona prova di sé in tutti i campi in cui il welfare pubblico palesa le sue "magagne".

Se non sei integrato in reti familiari prossime che ti proteggono dai rischi (disoccupazione o reddito insufficiente), puoi cadere più facilmente in una fascia a forte disagio e povertà. Se è vero che negli ultimi 5 anni è emigrata una quantità di giovani pari alla popolazione di Firenze, il numero di giovani che vive protetto dalla famiglia senza studiare, né lavorare, né formarsi è però paragonabile alla popolazione di Roma: aspettano, con l'atteggiamento sbagliato, che passi fatalmente la "nuttata". Nel bene, nel male e nel controverso è la famiglia che si mobilita, si adatta e detta le linee di resistenza. Più difficile sottrarsi ai rischi sociali indotti dalla crisi se si è soli o di classe inferiore. Il Belpaese è tale anche per la longeva persistenza delle famiglie che, in questi anni di crisi, hanno sì ondeggiato di fronte alla paura di finire nel braciere dei mercati finanziari e negli stalli della politica. Poi, però si sono messe a fare quel che nessuna forza politica o intellettuale di grido erano stati capaci di proporre per evitare paura e pessimismo inconcludente: hanno reinterpretato l'odiosa austerità dei governi, sdrammatizzandola con uno stile di vita frugale, scoprendone i lati positivi.

L'austerità dei tecnocrati europei e nostrani ha tuonato come una punizione; la frugalità, ormai diffusa tra le famiglie italiane, è il modo più indolore per "stringere la cinghia", coniugando il senso della misura nello stile di vita con la consapevolezza della necessità di lavorare bene, risparmiare sul superfluo e l'ingiustificato, adottare un atteggiamento selettivo: la spesa per casa al discount, una settimana in meno di vacanze e, se costretti, uno o due affitti in arretrato. All'estero non ci si va più in vacanza, ma per lavorare. Nelle nostre campagne urbanizzate si è tornati a usare la legna per riscaldarsi. Un pragmatismo frugale quanto dotato di senso della misura, della concretezza, della sobrietà: bandite le spese pazze, solo in casi eccezionali acquisti di case, auto ed elettrodomestici. L'incidenza delle spese telefoniche e di comunicazione è, al contrario, salita, segno che il senso di connessione che alberga in tutti noi non conosce i divides economico-sociali che la crisi ha reintrodotto.

Persino lo spauracchio dell'aumento del carburante si è stemperato, nei commenti a tavola delle famiglie italiane, con la constatazione che i rincari hanno ridotto l'utilizzo dell'auto allo "stretto necessario", con una diminuzione dei consumi di carburanti da cui consegue un minor inquinamento. Le famiglie italiane non solo mettono mano ai loro proverbiali risparmi, ma stanno sperimentando uno stile frugale di consumo, fino ad apprezzare i vantaggi indiretti derivanti da limiti nel consumo di un bene scarso come la benzina, con controversa utilità sociale e certa dannosità ambientale. Il vecchio stereotipo del consumatore eccessivo e spensierato cede il passo a uno più oculato e razionale, molto più preoccupato della volatilità delle alte tasse italiane. Lo stile di vita delle famiglie, a partire dai ceti medi, sta cambiando al punto che forse nei prossimi anni nessuno avrà più nostalgia di quei tempi sciagurati in cui credito facile e desideri volavano a braccetto dietro una finanza tanto spensierata quanto interessata. Quella bolla finanziaria ha colpito duro l'economia e la società, non si può neppure rischiare di ricrearla. Meglio riposizionarsi sulla prudenza e su forme di frugalità che costituiscano un assist anche per il ponte di comando, per dare senso allo sviluppo che verrà.
c.carboni@univpm.it

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