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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2013 alle ore 21:05.
L'ultima modifica è del 14 novembre 2013 alle ore 21:22.

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Dijsselbloem (Ap)Dijsselbloem (Ap)

L'Eurogruppo ha dato il via libera alla fine del programma di aiuti finanziari all'Irlanda e del prestito per le banche alla Spagna. Lo ha annunciato ufficialmente il presidente Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, al termine della riunione. La parola magica é «clean exit», uscita pulita dall'assistenza finanziaria. Il ritorno al mercato avverrà da dicembre per l'Irlanda e da gennaio per la Spagna.

Per Dublino il programma di aiuti è costato 67 miliardi (fondo salvastati Efsf più Fmi), per Madrid è costato 41 miliardi di euro, erogati interamente del fondo salva-Stati Esm. Si tratta di un punto a favore della contestata politica di aiuti finanziari in cambio delle riforme strutturali volute dal cancelliere Angela Merkel e dal suo ministro delle Fiannze Wolfang Schaeuble.

DUBLINO PROMOSSA - A tre anni da quando fu costretta a chiedere aiuto per fronteggiare un crollo del sistema bancario che stava trascinando le finanze pubbliche, l'Irlanda esce ufficialmente dal salvataggio, segnando un punto a favore della troika dopo gli insuccessi nel caso della Grecia.

E lo fa - come ha fatto sapere il premier Enda Kenny - rimarcando la piena indipendenza finanziaria: non si affiderà alla linea di credito precauzionale che alcuni partner europei avrebbero voluto imporle, rinuncia quindi alla possibilità di attivare in qualsiasi momento lo scudo della Bce, ma guadagna l'uscita dal monitoraggio continuo di Ue, Fmi e Bce. Dublino godrà invece del sostegno finanziario dell'agenzia tedesca Kfw, una specie di cassa depositi e prestiti tedesca, già attiva in Spagna e Portogallo, che finanzierà le sue imprese. «Usciremo dal salvataggio più forti», ha detto Kenny al Parlamento irlandese. «Ci siamo preparati per tre anni per un normale finanziamento sui mercati».

C'è il plauso di Mario Draghi, presidente della Bce: «Merita le congratulazioni». E di Christine Lagarde, direttore del Fmi: dopo aver rispettato i termini del salvataggio Dublino è ora «in una posizione forte in termini di rendimenti e con un considerevole cuscinetto di disponibilità liquide». Non è un caso, poi, che fra i primi a lodare la scelta di Kenny sia il governo tedesco: «È un passo significativo che il primo stato membro dell'Eurozona abbia completato con successo» un programma di salvataggio.

Il caso irlandese è musica per le orecchie della cancelliera Angela Merkel, che vi vede una 'success story' in grado di ribaltare le accuse che le vengono rivolte sui problemi del sud-Europa (a partire dalla Grecia), un mix di incapacità di riformarsi e recessioni esasperate dall'austerity. Resta il nodo delle banche, che proprio per l'uscita dal salvataggio dovranno essere sottoposte a un monitoraggio speciale. Ma a far da contrappeso alla possibilità di nuovi aumenti di capitale, che in varia misura affligge ormai mezza Europa, Kenny è riuscito a convincere la troika con un'inversione di rotta innegabile.

Pil a +0,4% (-1,2% alla vigilia del salvataggio a fine 2010), tasso di disoccupazione tornato ai livelli pre-crisi (13%), spread abbattuto dal record di oltre 1.000 punti base (2011) ai 178 attuali, inferiori ai livelli di Italia e Spagna.

SPAGNA. Irlanda e Spagna, però, «devono proseguire con le riforme», ha messo in chiaro il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Una richiesta particolare viene avanzata per la Spagna: a Madrid si chiede di completare la riforma delle casse di risparmio, causa prima della crisi.

GRECIA. L'Eurogruppo, infine, ha richiamato all'ordine la Grecia: Atene deve compiere passi avanti. «Le autorità greche hanno bisogno di produrre risultati con urgenza« se vogliono ottenere la prossima tranche di aiuti da un miliardo di euro, rileva Dijsselbloem. La Grecia é esortata a completare il processo di riforme strutturali, procedere alle privatizzazioni, ridurre lo squilibrio di bilancio.

Nessun passo avanti sul progetto di unione bancaria: i paesi dell'Eurozona hanno affrontato il tema degli interventi di assorbimento degli shock ('backstop') nell'ambito del meccanismo di risoluzione delle crisi degli istituti creditizi. «È stata esplorata« la possibilità di ricorrere all'intervento dei privati attraverso il ricorso ai fondi di azionisti e obbligazionisti (bail-in), spiega Dijsselbloem, per eliminare il ricorso dell'iniezione di capitale pubblico nelle banche (bail-out).

Qualora ciò non dovesse bastare si pensa al sostegno pubblico nazionale «in linea con le regole comunitarie sugli aiuti di stato», e in terza e ultima istanza, se necessario, il ricorso a contributi comunitari.

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