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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2013 alle ore 14:25.
L'ultima modifica è del 17 novembre 2013 alle ore 15:04.

Nel luglio del 2012, quando Madrid chiese aiuto all'Europa, i rendimenti dei titoli pubblici decennali spagnoli erano arrivati al 7,6%, ben oltre la soglia del default, già sperimentata da Grecia, Irlanda e Portogallo. Dopo un anno e mezzo, i rendimenti dei bonos sono scesi ai livelli pre-crisi del 4% e Madrid può così permettersi di annunciare l'uscita dal programma di sostegno di Bruxelles. La differenza è tutta qui, nella fiducia degli investitori. Il salvataggio europeo e Le mosse della Bce di Mario Draghi hanno ribaltato la situazione.
Il Paese - che comunque ha sempre continuato a finanziarsi sul mercato - ha ripreso coraggio e non intende più subire il commissariamento di fatto dell'Unione europea. I 41 miliardi di euro ricevuti dall'Esm sono serviti a ricapitalizzare le disastrate banche iberiche ma molto resta da fare. Solo il tempo potrà dire se la decisione di Madrid di camminare da sola senza gli aiuti di Bruxelles - che aveva messo a disposizione fino a 100 miliardi - sarà stata un'azzardo. Ecco cinque motivi sui quali il governo di Madrid punta per il rilancio.
1 Il risanamento delle banche sta dando buoni risultati
«La situazione complessiva del sistema bancario spagnolo è nettamente migliorata», hanno scritto i ministri al termine dell'Eurogruppo. Per Luis De Guindos, ministro delle Finanze spagnolo, «tutti gli indicatori sul sistema bancario spagnolo vanno nella direzione corretta». Il risanamento operato, prima attraverso il fondo speciale Frob e poi con la bad bank Sareb, è stato avviato. È tuttavia è ormai certo che il governo dovrà iniettare altri capitali negli istituti nazionalizzati se vorrà trovare qualcuno disposto a comprarli. Non mancano le offerte per Ncg Banco e per Catalunya Banc ma i bilanci devono essere ripuliti. Mentre le stime degli operatori dicono che i prezzi delle case, già scesi di un terzo rispetto al 2007, potrebbero crollare di un altro 15 per cento.
2 È iniziata una timida ripresa ma il debito è in aumento
La Spagna è uscita dalla recessione. Dopo nove trimestri di contrazione il Pil spagnolo è tornato a crescere tra luglio e settembre. Un timido +0,1% sul trimestre precedente che può significare la svolta. La rinuncia al programma di aiuti di Bruxelles potrebbe servire ad attenuare le misure di austerity ma Madrid ha i conti pubblici fuori dai parametri, con il deficit al 6,8% e il debito in forte aumento al 95 per cento.
3 La stabilità politica del governo Rajoy
Nonostante i molti tentennamenti, il governo di Rajoy ha sempre avuto le spalle coperte. È in carica dalla fine del 2011 e può contare su un'ampia e compatta maggioranza in Parlamento. La legislatura terminerà nel 2015 e non c'è niente che possa oggi far pensare a un voto anticipato: un notevole vantaggio riconosciuto dalla fiducia degli investitori.
4 La riduzione del costo del lavoro
Il tasso di disoccupazione è al 26%. In Spagna la crisi finanziaria ed economica è diventata un dramma sociale. Ma questi livelli di disoccupazione hanno contribuito a far scendere il costo del lavoro. Restano invece da valutare gli effetti delle riforme per dare maggiore flessibilità al mercato del lavoro
5 Le esportazioni sostengono l'economia
La Spagna sta dunque ritrovando competitività. A trainare il Pil è l'export, cresciuto in agosto del 3,6% rispetto allo stesso mese del 2012. Le vendite dei prodotti spagnoli aumentate nel complesso dell'8% nel primo semestre, hanno fatto registrare balzi notevoli nei mercati emergenti: in Cina (13%) Brasile (40%) e Sudafrica (62,4%). Anche i dati sugli investimenti diretti dall'estero - negli ultimi quattro anni 105 miliardi di euro - sono la prova di una inversione di tendenza. Nell'automotive, Ford, Renault, Peugeot-Citroën e Nissan hanno potenziato la loro produzione nel Paese facendo della Spagna il secondo produttore di auto in Europa.
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