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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2013 alle ore 17:27.
L'ultima modifica è del 18 novembre 2013 alle ore 07:55.

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Il presidente del Consiglio, Enrico Letta (Ap)Il presidente del Consiglio, Enrico Letta (Ap)

Dieci giorni in salita. Sono quelli, da qui al 27 novembre, che attendono e fanno tremare il governo Letta. Si comincia con il caso Cancellieri. Si finisce con la decadenza di Berlusconi. Sullo sfondo ci sono, a complicare le cose, la legge di stabilità bocciata dall'Europa e la nuova legge elettorale sulla quale non si riesce a trovare un accordo. Poi, superati i due macigni, molto dipenderà dalla scelta di Renzi: far durare il governo ancora un anno oppure spingere per il voto anticipato a marzo, vincere e conquistare oltre al governo la presidenza di turno nel Consiglio dell'Unione Europea.

Il nodo Cancellieri
Ma torniamo all'oggi. Il primo appuntamento delicato per il governo è mercoledì 20 novembre. Quel giorno è calendarizzato alla Camera il voto sulla mozione di sfiducia al ministro Cancellieri per le telefonate alla famiglia Ligresti, coinvolta nell'inchiesta Fonsai. Martedì sera i gruppi parlamentari del Pd si riuniranno per decidere la linea. Le acque nel partito sono agitate. La base preme per le dimissioni. Non a caso tutti e quattro i candidati alla segreteria (Renzi, Cuperlo, Civati e Pittella), con sfumature diverse, hanno chiesto al ministro di farsi da parte. Ed è di oggi l'accelerazione di Pippo Civati, che martedì sottoporrà all'assemblea dei gruppi il testo di una sua mozione di sfiducia. È chiaro che se alla fine il Pd chiederà le dimissioni, il ministro dovrà prenderne atto. E per il presidente del consiglio Letta (che ha finora blindato Cancellieri) sarà un duro colpo ai fragili equilibri della sua maggioranza.

Lo spartiacque della decadenza del Cavaliere
Ma il vero spartiacque per la tenuta del governo è il voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi, calendarizzato in Aula a Palazzo Madama il 27 novembre. Non è un mistero che il Cavaliere stia cercando in tutti i modi di ottenere un rinvio. Ieri, al consiglio nazionale del battesimo di Forza Italia 2.0, ha annunciato «importanti novità in grado di ribaltare la sentenza» di condanna nel processo Mediaset per la quale deve lasciare lo scranno di palazzo Madama. Se i suoi tentativi di rinvio saranno vani, il 27 novembre il Cavaliere decadrà da senatore (con il voto palese previsto il risultato è scontato). E a quel punto Forza Italia potrebbe rompere l'alleanza con il Pd e passare all'opposizione. Ieri Berlusconi lo ha ripetuto nel suo comizio al consiglio nazionale: «Non si può esere alleati in Parlamento con chi mi vuole uccidere politicamente». A quel punto al Senato la maggioranza a sostegno del governo Letta sarebbe forse più coesa ma più risicata. L'esecutivo potrebbe contare su 168 voti sicuri (108, Pd, 20 Scelta civica/popolari, 10 autonomie e Psi, 30 nuovo centrodestra di Alfano) che salirebbero a 172 se si includono i 4 ex M5s che lo scorso 2 ottobre votarono la fiducia a Letta. Una maggioranza risicata se si considera che al Senato la maggioranza è a quota 158 (senza contare i senatori a vita).

Le incognite della legge di stabilità
La sfiducia di Forza Italia a Letta del resto pare solo questione di tempo. Oggi Sandro Bondi ha anticipato a titolo personale la necessità di andare all'opposizione. Lo strappo, se non si consumerà sulla decadenza di Berlusconi, potrebbe avvenire sulla legge di stabilità. Forza Italia chiede cambiamenti profondi su tassazione immobiliare e fisco che difficilmente potranno vedere la luce. Tanto che oggi Brunetta già parla di fine della larghe intese. E avverte su twitter il premier: «Noi voteremo contro la Legge di Stabilità. E i renziani che faranno? Il Presidente Letta deve stare attento ai numeri.....»

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