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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2013 alle ore 08:58.
L'ultima modifica è del 20 novembre 2013 alle ore 17:34.

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La Camera dice no con una larga maggioranza alla mozione di sfiducia presentata dai Cinque Stelle nei confronti del ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri,travolta dal caso Fonsai. I no sono stati 405, 154 i sì e tre gli astenuti. A favore della mozione hanno votato M5S, Lega, Sel e Fratelli d'Italia. No invece da parte di Forza Italia, Nuovo centrodestra, Pd e Scelta civica, ossia dagli azionisti dell'Esecutivo Letta. In Aula si è così consumato, per dirla con le parole pronunciate dal premier all'assemblea del Pd di ieri sera, «un passaggio politico a tutto tondo». La spallata al Governo, dunque, alla fine non è arrivata.

Cancellieri: mai mentito a Parlamento e magistrati
Nel suo intervento il Guardasigilli, accusato dai Cinque Stelle di interferenza indebita per essersi interessata alle condizioni di salute della figlia del patron di Fonsai Salvatore Ligresti (attualmente ai domiciliari), ha negato di aver mentito al Parlamento o ai magistrati che indagano sul caso sul numero delle telefonate avute con rappresentanti della famiglia. Cancellieri ha spiegato che la vicenda non è un caso di «giustizia di classe», ha negato che ci sia stato un «inconsueto» zelo nei confronti dei Ligresti. Il Guardasigilli ha parlato di «inaccettabili congetture», nate dall'«estrapolazione» di alcune parole della sua conversazione con Gabriella Fragni. Intercettazioni «che sono così state interpretate come una delegittimazione dell'operato della magistratura». «Ho affrontato questi giorni da persona libera e forte sapendo di aver agito sempre con lealtà e fedeltà alle istituzioni. Se avessi avuto anche solo un dubbio su questo, avrei lasciato l'incarico. Confido - ha concluso il ministro - che il Parlamento mi voglia confermare la fiducia». E così è stato.

Epifani: il ministro vada avanti ma rimuova le critiche. Scontro nel Pd
«Con questo voto - ha sottolineato il segretario del Pd Guglielmo Epifani nel suo intervento in Aula - le diciamo di andare avanti ma anche, non con le parole ma con i fatti, che ci sia un impegno a rimuovere le critiche che hanno portato una parte dell'opinione pubblica a poter pensare che ci si sia comportati così perché da una parte c'era una famiglia di potenti». Il caso Cancellieri ha registrato l'ennesimo scontro all'interno del Pd. La tensione tra le diverse anime del partito aumenta di intensità man mano che si avvicina l'appuntamento di dicembre delle primarie per la scelta del segretario. L'assemblea dei democratici di ieri sera ha visto il presidente del Consiglio Enrico Letta "metterci la faccia" e blindare il Guardasigilli («Sarò molto breve - ha chiarito il premier - il voto di sfiducia di domani è una sfiducia al governo»). Oggi Pippo Civati è tornato all'attacco. Prima, in una nota, ha denunciato: «Ieri da Letta l'ennesimo ricatto. Non mi riconosco in questo Pd che considera "interesse superiore" tutto eccetto quello che sente e importa alle persone». Poi, prendendo la parola alla Camera prima del voto, ha affermato: «Mi unisco al Pd per rispetto della disciplina di partito, come del resto tanti parlamentari della cui posizione tanto si è discusso oggi in Aula. Lo facciamo restando convinti delle nostre ragioni, anche se devo confermare il mio disagio dei giorni scorsi». Civati non è stato il solo a manifestare un dissenso rispetto alla linea indicata dal premier. Paolo Gentiloni, ad esempio, ha ricordato di aver chiesto a Letta di adoperarsi per le dimissioni del ministro della Giustizia. La stessa richiesta, ha detto Gentiloni, esponente del Pd vicino al sindaco Renzi, è stata avanzata nell'incontro di ieri da Cuperlo, Pippo Civati e Michela Marzano.

Brunetta: i democratici mettono il cappio al collo di Letta
Il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta ha ricordato che a destabilizzare il Governo Letta non è il Movimento Cinque Stelle, ma il Partito democratico, «un partito in lotta totalitaria, in cui si vota fiducia intendendo sfiducia». «Noi le nostre discussioni le abbiamo fatte alla luce del sole», ha sottolineato nel suo intervento a Montecitorio il segretario Epifani. «A Brunetta voglio dire che bisogna sempre parlare con rispetto delle discussioni che riguardano altre forze politiche. Viene sempre il dubbio che si parli degli altri per non parlare mai di sè. Nelle parole di Brunetta, ma non solo nelle sue, si è smarrita la percezione di cosa siano un partito e un congresso democratico».

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