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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2013 alle ore 11:15.
L'ultima modifica è del 22 novembre 2013 alle ore 16:43.

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(Ap)(Ap)

C'e' stato un insabbiamento della verità?
«È evidente che si sia verificato un cover-up. Ma chi ha fatto l'insabbiamento non è necessariamente responsabile dell'omicidio. In realtà, come ogni delitto eccellente mafioso, subentrano ricatti e interessi che sopprimono la verità e la giustizia».

Come mai nel film di Oliver Stone "JFK", vincitore dell'Oscar, non venne dato alcun ruolo rilevante al boss Marcello, quale mandante dell'assassinio?
«Il film di Oliver Stone, che nel mio libro viene completamente screditato, si basa sul processo e sulle indagini che fece il procuratore di New Orleans, Jim Garrison. Peccato però che Garrison non indagò mai sul caso Carlos Marcello e dirà alla Commissione del Congresso, anni dopo, che non lo fece perché credeva che Marcello non fosse un boss mafioso ma un venditore di pomodori».

Ma gli americani sono consapevoli del potere che ha esercitato Carlos Marcello sulle autorità politiche americane?
«A parte New Orleans, luogo in cui ha vissuto Carlos Marcello, nessuno ricorda il suo nome. Gli americani conoscono Al Capone, Lucky Luciano, John Gotti, ma Carlos Marcello, il più influente mafioso che gli Stati Uniti abbiano mai avuto per via dei suoi costanti rapporti con la politica americana, resta ancora sconosciuto».

E perché Marcello avrebbe voluto far fuori John Kennedy?
«Marcello aveva come obiettivo iniziale il fratello Robert. Marcello non era mai stato naturalizzato come cittadino e quindi rischiava in ogni momento l'espulsione. Già nel '59, Robert Kennedy era a capo di una commissione del Congresso che indagava sui rapporti tra mafia e sindacati e aveva chiamato Carlos Marcello per essere interrogato dai senatori, tra i quali figurava anche suo fratello John. Nel corso dell'interrogatorio Marcello si appellò al Quinto emendamento della Costituzione Usa, che permette a chiunque di non rispondere a domande che possono incriminarti. E in quella occasione Robert Kennedy aveva risposto così a Marcello: «Non meriti di restare in questo Paese, prima o poi sarai espulso. E infatti Robert Kennedy, appena nominato ministro della Giustizia nel 1961, ne ordinò la cattura e l'espulsione in Guatemala (illegalmente perché Kennedy sapeva che il certificato di nascita di Marcello era un falso). Marcello alla fine riuscì a tornare negli Usa e il duello tra i due continuò fino all'epilogo di Dallas.
Come dichiarò Carlos Marcello, «bisogna tagliare la testa, non la coda, affinché il cane non morda più». La testa del cane era il Presidente John Kennedy.
Perché avvenga un "delitto eccellente di mafia", come si dice in gergo, sono necessari - oltre al movente, i mezzi, l'opportunità - altre due condizioni: la possibilità di poter ricattare chi deve fare giustizia e infine la presenza di una vittima isolata, debole, non più apprezzata dall'ambiente di potere da cui proviene. Dopo la crisi dei missili di Cuba, Kennedy era cambiato. In un discorso all'America University e in quello tenuto alle Nazioni Unite nel 1963, John Fitzgerald Kennedy annunciava radicali cambiamenti nelle relazioni internazionali ed era mal sopportato da molti gruppi di interessi. E in questo caso, per la Mafia, le condizioni per l'omicidio c'erano tutte».

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