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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2013 alle ore 20:46.
L'ultima modifica è del 27 novembre 2013 alle ore 08:04.

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Washington sfida Pechino sopra i cieli delle isole Senkaku (che i cinesi chiamano Diaoyu). Due bombardieri americani, nel corso di una esercitazione sul Mar della Cina Orientale, hanno infatti violato la «zona di difesa aerea» annunciata nei giorni scorsi da Pechino sopra l'arcipelago disabitato da sempre conteso tra Cina e Giappone e nelle ultime settimane fonte di nuove gravi tensioni tra i due Paesi.

Ad annunciare il sorvolo, conclusosi senza incidenti, è stato il Pentagono, spiegando che le autorità cinesi non erano state avvertite. I due B52, partiti dalla base statunitense nel Pacifico di Guam, erano disarmati e non erano scortati da caccia o altri aerei militari. Ma la mossa appare come una vera e propria sfida lanciata da Washington, che insieme all'alleato Giappone aveva reagito immediatamente alla decisione di Pechino di imporre una zona off limit per tutti gli aerei non commerciali. Minacciando anche la possibilità di «misure difensive di emergenza» nei confronti dei velivoli non autorizzati, quelli che non abbiano prima chiesto l'autorizzazione sottoponendo alle autorità cinesi piani di volo.

Ma in gioco c'è il controllo di un'area ritenuta cruciale sia dagli Usa che dalla Cina, con Washington impegnata a sostenere tutti i suoi alleati del sudest asiatico per frenare le mire sempre più espansionistiche di Pechino. «Gli Stati Uniti continueranno nelle operazioni di sorvolo nella regione insieme ai suoi alleati e partner», ha affermato categoricamente un portavoce del Pentagono, ribadendo come l'amministrazione Obama non sia d'accordo con la «zona difensiva» imposta unilateralmente da Pechino, definita dalla stessa Casa Bianca una decisione «incendiaria». Una decisione, incalza ancora il Pentagono, che appare come «un tentativo di destabilizzare e alterare lo status quo nella regione».

Il vero pericolo in questa situazione - sottolineano gli esperti - è quello del piccolo incidente che possa scatenare un vero e proprio conflitto armato. Stavolta, infatti, il sorvolo dei due B52 è andato bene, senza alcuna conseguenza. Ma la prossima potrebbe non essere così. Nessuna reazione specifica, al momento, è arrivata dalle autorità di Pechino. Ma il portavoce del Governo cinese, rispondendo a una domanda nel corso del briefing quotidiano, non ha lasciato spazio a dubbi: «È scritto a chiare lettere nell'annuncio che è stato fatto. La Cina potrà rispondere di volta in volta in maniera appropriata, in base alle diverse circostanze e al livello della minaccia da affrontare». Washington e Tokyo sono avvertite.

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