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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2013 alle ore 07:46.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:50.

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Vittorio Feltri invita a leggerlo con attenzione il passaggio contenuto a pagina 270. Siamo alla fine del '94. Elio Veltri, allora molto vicino ad Antonio Di Pietro, gli chiede un appuntamento suggerendogli «una proposta» da fare all'allora premier Silvio Berlusconi: «Digli di dimissionare Alfredo Biondi dal ministero della Giustizia e di nominare Giandomenico Pisapia al suo posto». Il Pisapia in questione era il padre dell'attuale sindaco di Milano. «Se l'operazione va in porto – si legge nel libro – tra Berlusconi e la procura di Milano ti garantisco che cessano le ostilità». Il successivo colloquio di Feltri che doveva essere a quattro occhi con Berlusconi, fu a sei (nessun segreto per Gianni Letta), ma con risposta sdegnata.

Chissà, magari (almeno questa è la tesi di fondo) qualcosa sarebbe potuto cambiare consegnandoci un'Italia diversa. Un'Italia di piccole e grandi storie, anche sotterranee, che costituiscono l'architrave del libro di Vittorio Feltri e Gennaro Sangiuliano: "Una Repubblica senza patria", edito da Mondadori. Un libro che parte con una citazione della Divina Commedia. «Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello», è lo sfogo di Dante nell'incontrare Sordello da Goito, poeta del XIII secolo.

La cifra del libro è già in questo incipit che dopo sette secoli appare tanto attuale nel suo tratteggiare un Paese vittima di localismi e particolarismi. È l'idem sentire di inglesi, francesi, ma anche americani e tedeschi a mancare contribuendo in massima parte a produrre, ha spiegato Sangiuliano, vicedirettore del Tg1 ieri durante una presentazione a Milano, un'Italia «che ha un rapporto fin troppo prono nei confronti di un'Europa non fatta solo per i popoli del Nord Europa». Un'Europa piegata ai desiderata della Germania che ha buon gioco su un Paese lontano anni luce dagli Usa «in cui Obama e Clinton partecipano all'inaugurazione della biblioteca voluta da Bush». Comunque un'Italia malata di precarietà e conformismo, «che ho raccontato per quello che ho visto e annotato nei miei taccuini», ha detto Feltri e per la quale gli autori puntano a rivedere, senza soggezioni, alcuni passaggi storici. Come nel capitolo in cui si parla della Costituzione e della parte "sovietica" che grazie a Togliatti fu trasfusa nella Carta italiana. Quella che emerge insomma è la fotografia – certo non asettica – di un'Italia che secondo Ignazio La Russa, presente all'incontro di ieri, «ha perso il sentimento di Patria». L'ex ministro scende sullo stesso terreno degli autori, raccontando l'aneddoto delle dimissioni minacciate, insieme con l'ex ministro Giorgia Meloni, per vincere contro i dissapori della Lega rispetto ai festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia».

Le "Storie d'Italia dal 1943 a oggi", come recita il sottotitolo del libro, servono però anche a mettere in evidenza che non è stato sempre così. Che c'è un'Italia in cui l'Autostrada del Sole è stata costruita in 4 anni. Un'Italia il cui confronto con quella del nuovo millennio non può che risultare impietoso. «In Italia – ha detto il direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano – c'è stata una stagione del fare dimenticata troppo in fretta. Troppi ignorano il senso comune della sfida che in questo Paese si è avuta nel dopoguerra. Non a caso in quegli anni l'Italia ha vissuto il suo vero miracolo economico e, sempre in quegli anni, la politica, l'economia, l'università, l'amministrazione hanno tutti insieme trasformato un Paese agricolo di secondo livello in un'economia industrializzata».

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IL LIBRO
Vittorio Feltri -
Gennaro Sangiuliano
Una Repubblica senza patria
Storia d'Italia (1943-2013)

Mondadori
Pagg. 300, € 19
Il messaggio. Vittorio Feltri e Gennaro Sangiuliano ripercorrono le vicende
del dopoguerra per giungere a una conclusione sconfortante: l'Italia è una Repubblica senza patria, che è come dire uno Stato senza nazione, fatto di cittadini che si riconoscono solo nel proprio gruppo, che perseguono solo il proprio tornaconto.

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