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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2013 alle ore 08:20.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:03.

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E così alla fine l'avvocato Aldo Bozzi l'ha spuntata, sia pure con la sponda della Cassazione. La Corte Costituzionale ha dato ragione alla tenacia del piccolo Davide contro l'inerzia conservatrice del Parlamento-Golia. È un evento straordinario e per vari aspetti anche inquietante. Ora andiamo verso un sistema elettorale tutto centrato sul meccanismo proporzionale, ma in cui resta da risolvere la questione del voto di preferenza, visto che le liste bloccate sono dichiarate illegittime al pari del premio di maggioranza.

Per il Parlamento è insieme uno schiaffo e una sfida.
L'aspetto inquietante è che le Camere sono riuscite con il loro immobilismo a farsi sottrarre, diciamo così, il potere legislativo da un organo esterno. Esautorate per la propria incapacità di affrontare la materia e per l'inconsistenza politica. Al tempo stesso sfidate in forme senza precedenti, dal momento che la norma con cui si sono eletti gli ultimi tre Parlamenti è stata giudicata in larga misura incostituzionale. Anche i nemici giurati del "Porcellum", che sono tanti nell'opinione pubblica e ben pochi a Montecitorio e a Palazzo Madama, avrebbero preferito che fossero i legislatori a riformare quell'impianto.
Da oggi invece bisogna prendere atto della realtà. E ripartire dal proporzionale. Quella che è franata è di sicuro una legge simbolica della stagione berlusconiana, ma in cui anche il centrosinistra aveva trovato il suo tornaconto. Adesso si ricomincia da zero, si torna cioè allo schema che ha retto per decenni la Prima Repubblica. Con un punto da precisare: la sentenza produrrà i suoi effetti solo fra qualche settimana e questo offre al Parlamento, almeno sulla carta, l'occasione di riscattarsi e di ridisegnare un modello elettorale che abbia i requisiti costituzionali.
Ovviamente non ci sono le condizioni perché si realizzi un accordo politico trasversale di largo respiro. Altro che doppio turno francese... La Consulta ha messo di fatto in gravi difficoltà Renzi e tutti i sostenitori del maggioritario nelle sue diverse espressioni. Si può anzi dire che nelle prospettive politiche a medio termine cambia quasi tutto. Tanto è vero che ieri sera brindavano Alfano e i centristi delle varie confessioni. Da oggi la ricerca di una legge elettorale "di sistema", in grado di durare un paio di decenni, richiederà ancora più pazienza e fatica, soprattutto parecchio tempo. In particolare se si vorrà collegarla al percorso delle riforme costituzionali (superamento del bicameralismo, eccetera).
Quello che si potrebbe tentare subito, al di là del nodo delle preferenze, cioè del rapporto fra elettore ed eletto, è il tema del premio di maggioranza. Sembra semplice, ma invece è una questione molto complicata. Rendere costituzionale il premio alle coalizioni implica la capacità di indicare una soglia minima. Ma c'è poco da illudersi in proposito. I proporzionalisti, resi più tonici dalla Corte, si batteranno a favore di una soglia alta con l'obiettivo di non far scattare il premio, creando quindi spazio per una forza centrista. Idem i gruppi di estrema sinistra o di estrema destra. E lo stesso Grillo, che non è destinato a coalizzarsi, non avrà alcun interesse al "quorum".
La ricerca della soglia rischia dunque di trasformarsi in un braccio di ferro. Ma i fautori delle elezioni anticipate da ieri sera hanno le ali appesantite. Infatti avrebbe senso affrettarsi alle urne con un maggioritario coerente, non ne ha se il sistema è proporzionale e come tale obbliga a rinnovare le larghe intese. Senza dubbio da oggi la prospettiva del voto anticipato è assai più lontana. Il che toglie a Renzi la sua principale arma e lo obbliga a stringere accordi con Enrico Letta da posizioni più deboli. Ragion di più per impegnarsi con coraggio su un programma di riforme istituzionali in grado di coprire i prossimi diciotto mesi. Il terremoto provocato dalla Consulta può essere fatale, ma può anche costringere le forze politiche al realismo virtuoso.
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