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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2013 alle ore 08:17.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:05.

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L'Italia è stata sempre identificata come il Paese con il più alto potenziale di creare rischi sistemici all'eurozona. Come valuta la situazione italiana?
Perché l'area euro sia forte, l'Italia, che è la sua terza economia, deve essere forte. Ma per essere un pilastro di stabilità, l'Italia deve confrontare le sue sfide economiche. Per inciso, questo è vero non solo dell'Italia, ma anche della Germania, per esempio, dove siamo di fronte a un onere demografico crescente. L'Italia ha avviato alcune riforme importanti. In base alla nostra stima, l'economia uscirà dalla recessione entro fine anno. Sono fiducioso che con le giuste misure addizionali, in particolare per riformare il settore pubblico, compreso il sistema giudiziario, migliorare la flessibilità del mercato del lavoro e aumentare la concorrenza nel mercato dei prodotti, l'Italia può superare l'attuale crisi e raggiungere un percorso di crescita sostenibile.

Un anno fa, Lei ha criticato pubblicamente il piano Omt. Eppure, senza essere usato, questo ha contribuito a stabilizzare i mercati e rimuovere il rischio estremo di rottura dell'Eurozona. Ha cambiato parere?
Non è sorprendente che l'Omt abbia contribuito a calmare i mercati in quanto l'Eurosistema ovviamente ha la capacità di influenzarli. Tuttavia, il mercato non può essere il nostro solo metro di giudizio. Un annuncio di mutualizzazione del debito pubblico attraverso eurobond avrebbe anch'esso portato un calo degli spread. Il che non vuol dire che sia un'idea sensata. Per mantenere l'area euro come unione di stabilità, responsabilità e controllo devono essere bilanciati. La discussione sull'Omt riguardava, in fondo, i limiti del mandato della politica monetaria e la credibilità della condizionalità imposta. Se non siamo in grado di far rispettare questa condizionalità, rischiamo di finire prigionieri della politica fiscale.

Dove saremmo oggi senza l'Omt?
I governi avrebbero dovuto agire più rapidamente per affrontare le cause alla radice della crisi. Se le tensioni di mercato si fossero intensificate, i Paesi avrebbero potuto far ricorso all'Esm, dotato di risorse appropriate.

In Germania è appena stato firmato l'accordo di grande coalizione. La delude, in termini di mancanza di riforme strutturali? Molti, compreso il mondo dell'industria, ritengono che la Germania stia facendo marcia indietro sulle riforme, soprattutto sul mercato del lavoro, che hanno determinato il successo dell'economia nell'ultimo decennio, spesso additate come modello per gli altri Paesi.
Recentemente, ho fatto un discorso a Düsseldorf illustrando le sfide future per la Germania. Ci sono quattro importanti aree da affrontare. Primo, la Germania deve vedersela con una demografia sfavorevole, che si farà sempre più sentire nei prossimi anni. Secondo, a causa della globalizzazione, anche per prodotti ad alta tecnologia, le imprese saranno sotto crescente pressione da concorrenti dei mercati emergenti. Terzo, la politica fiscale dovrà ridurre l'alto debito pubblico. Quarto, deve cambiare completamente la politica energetica. Questa inversione a U sull'energia avrà un impatto profondo sulla competitività dell'industria e il potere d'acquisto delle famiglie. Ogni coalizione andrà giudicata sull'abilità di far fronte a queste sfide. Sono fiducioso che la coalizione entrante condivida questa ambizione. Ma Lei ha ragione nel sostenere che l'accordo fra i partner della possibile coalizione contiene alcuni elementi che rischiano di indebolire la sostenibilità del sistema previdenziale e ridurre la flessibilità del mercato del lavoro.

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