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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2013 alle ore 08:17.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:05.

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Ci sono stati casi di dissenso aperto fra la Bce e la Bundesbank, il più stridente il caso alla Corte costituzionale tedesca. Due membri del consiglio Bce, Lei e Jörg Asmussen, sono comparsi su fronti opposti. Non c'è pericolo che le continue divergenze danneggino la credibilità della Bce, che viene vista agire in contrasto con il suo principale azionista, ma anche della Bundesbank, che in molti casi è uscita perdente in queste discussioni?
Prima di tutto, entrambe le istituzioni, Bce e Bundesbank, sono state chiamate dalla Corte a comparire come esperti per una valutazione dell'Omt. Nessuna delle due era parte in causa. Quindi, non eravamo «su fronti opposti». Far parte dell'Eurosistema non vuol dire che dobbiamo sempre avere la stessa opinione, dopo tutto non siamo il Politburo. Va tenuto a mente che non era questione di poco conto: riguardava i limiti del mandato della politica monetaria. Inoltre, è naturale dibattere sul modo giusto per l'Eurosistema di affrontare la crisi. Ed è un dibattito salutare. Se l'opinione pubblica vede che stiamo discutendo apertamente e siamo consapevoli dei rischi degli effetti collaterali delle nostre azioni, questo dovrebbe aumentare la fiducia nell'Eurosistema.
Lei ha lavorato con Mario Draghi, negli attuali ruoli, per circa due anni. Come definirebbe il vostro rapporto?
Abbiamo una buona relazione di lavoro. Apprezzo Mario Draghi come un banchiere centrale di grande esperienza, sobrio, con una mente acuta. È sempre stimolante discutere con lui. Dipingere la nostra relazione come "Weidmann contro Draghi" è dovuto al desiderio dei media di creare dei titoli e non riflette la vera natura del nostro rapporto. Entrambi lavoriamo duramente per adempiere al nostro mandato: la stabilità dei prezzi nell'area euro. Su questo siamo pienamente d'accordo. Qualche volta, tuttavia, abbiamo opinioni diverse sul modo migliore di raggiungere l'obiettivo. Date le difficili domande cui dobbiamo dare risposta, questo non dovrebbe sorprendere.
© RIPRODUZIONE RISERVATADALLA BUBA ALLA POLITICA (E RITORNO) Una scuola di pensiero monetarista Jens Weidmann nasce a Solingen nell'aprile 1969. Studi economici all'università Paul Cézenna di Aix-Marsiglia e alle università di Parigi e Bonn, consegue il dottorato con uno dei più famosi monetaristi europei, Manfred J.M. Neumann. Dal '97 al '99 lavora all'Fmi e fino al 2004 è segretario generale del Consiglio degli esperti economici, consulenti indipendenti del Governo e del Parlamento. Dal 2004 al 2006 è alla Bundesbank, come capo del Gruppo di analisi e politica monetaria, occupandosi dei grandi dossier internazionali. La competenza gli sarà preziosa perché la stessa cancelliera Merkel lo nominerà sherpa per il G-8 e il G-20. Il primo maggio 2011 diventa presidente della Bundesbank in sostituzione di Axel Weber.IL PIANO OMT«Se non ci fosse stato che cosa sarebbe oggi dell'Eurozona? I governi avrebbero agito facendo le riforme necessarie»IL RAPPORTO CON DRAGHI«Le relazioni con il presidente sono molto buone, a volte dissentiamo sulle modalità ma non sugli obiettivi, e poi la Bce non è il Politburo»L'ITALIA«Con misure addizionali nel settore pubblico e migliorando la flessibilità del lavoro il Paese potrà superare la crisi»

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