Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2013 alle ore 07:55.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:07.

My24

Una legge elettorale che assicuri la governabilità. A parole tutti la vogliono. Ma cosa si intende per governabilità? Una risposta priva di ambiguità è fondamentale per scegliere una legge elettorale adatta alle sfide che l'Italia deve affrontare. Un obiettivo minimo e largamente condiviso è fare sì che l'esito delle elezioni indichi con chiarezza la formazione di una maggioranza di governo, per evitare il marasma dei governi di larghe intese.

Per raggiungere questo obiettivo, molte delle ipotesi attualmente in discussione prevedono di assegnare un premio di maggioranza che porti il vincitore ad avere la maggioranza dei seggi (e.g. il 55%). Se nessuno supera una soglia minima (e.g. il 40% dei seggi), il premio è assegnato con ballottaggio tra le due forze politiche più votate, sopra la soglia il premio andrebbe invece automaticamente a chi ha ottenuto la maggioranza relativa.In questo modo, torneremmo a un sistema politico bipolare in cui gli elettori di fatto scelgono chi li governa.
Ma questo obiettivo minimo di governabilità è insufficiente.

Dal 1993 fino al governo Monti, l'Italia ha avuto un sistema politico bipolare con maggioranze di governo scelte dagli elettori. Ma le maggioranze, sia di centro-destra che di centro-sinistra, erano composte da coalizioni ampie ed eterogenee, di fatto incapaci di decidere e governare con efficacia.
La scarsa governabilità associata ai governi di coalizione non è solo una prerogativa italiana, ma emerge con chiarezza anche dai confronti internazionali. In un campione di 46 democrazie parlamentari nel corso degli anni 90, la dimensione della spesa pubblica è molto più alta nei Paesi dove prevalgono governi di coalizione anziché governi sostenuti da un unico partito maggioritario - di quasi il 7% del Pil, dopo aver tenuto conto delle caratteristiche economiche, storiche e sociali del Paese. I governi di coalizione fanno anche più fatica a contenere il debito e i disavanzi.

Per un Paese come l'Italia, che deve rientrare da un alto debito pubblico e che è schiacciato da una pressione fiscale esasperata, l'obiettivo di governabilità deve essere più ambizioso del semplice bipolarismo. Occorre avere un sistema elettorale che premi i partiti maggiori e faciliti la formazione di governi sostenuti da un unico partito, anziché da coalizioni eterogenee. A questo proposito, il sistema elettorale su cui si inserisce il premio di maggioranza è fondamentale.
Un premio di maggioranza aggiunto a un sistema proporzionale (come nella proposta di Roberto d'Alimonte condivisa da Luciano Violante) porterebbe inevitabilmente al formarsi di coalizioni di governo ampie e litigiose, in cui i partiti minori ed estremisti condizionerebbero le decisioni della maggioranza. La ragione è che il sistema proporzionale induce la proliferazione dei partiti, e la competizione per vincere il premio di maggioranza costringe i partiti maggiori a presentare cartelli elettorali più ampi possibile. Avremmo sì un sistema bipolare e governi scelti dagli elettori, ma privi di capacità decisionale e bloccati dai veti incrociati. Non vi sarebbe più governabilità rispetto agli esecutivi di centro-destra o di centro-sinistra che hanno preceduto le larghe intese.

Il premio di maggioranza alla forza politica che supera una soglia minima o che vince il ballottaggio può anche essere aggiunto a un sistema maggioritario, come il collegio uninominale a turno unico (il cosiddetto Mattarellum) o a doppio turno alla francese. In questo caso, la differenza di governabilità rispetto al passato sarebbe abissale. Il collegio uninominale, a turno unico o doppio turno, favorisce i partiti più grandi e riduce il numero di partiti presenti in Parlamento. Se il premio di maggioranza fosse assegnato ai partiti e non ai cartelli elettorali, avremmo governi sostenuti da un unico partito di maggioranza, e non più governi di coalizione.
Anche le differenze tra collegio uninominale a turno unico o a doppio turno sono rilevanti per la governabilità. Il doppio turno riduce il potere contrattuale dei partiti minori ed estremisti, e rende meno probabili accordi di desistenza sui collegi tra partiti limitrofi. Infatti, il partito più grande avrebbe comunque accesso al secondo turno. E al secondo turno esso potrebbe comunque prendere il voto di chi al primo turno aveva votato per il partito estremista (o minore) a lui vicino. Per la stessa ragione, ove si giungesse comunque a governi di coalizione, il potere contrattuale dei partiti più radicali e più piccoli all'interno della coalizione sarebbe ridotto.

Un'obiezione a un sistema doppiamente maggioritario (nei collegi e nel premio di maggioranza) è che sacrificherebbe troppo la rappresentanza a favore della governabilità. Ma non esiste un sistema elettorale perfetto; il sistema migliore è quello più adatto alle priorità del paese. E non vi è dubbio su quali siano oggi le priorità per l'Italia. Inoltre, una piccola quota di seggi potrebbe essere riservata ai partiti che raggiungono un soglia minima di voti, per garantire comunque la loro rappresentanza in Parlamento.
Naturalmente queste considerazioni riguardano l'interesse generale dei cittadini, non quello particolare delle singole forze politiche presenti in Parlamento. Ma è bene ricordarle e averle ben presenti, per valutare le scelte che verranno fatte in Parlamento e attribuire correttamente le responsabilità. Ormai il nostro Paese non ha più margini per fare errori su una materia così importante.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi