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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2013 alle ore 06:48.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:08.

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Angelo Rizzoli (Jr), morto l'altra notte a Roma a 70 anni, aveva raccontato non molto tempo fa, in un'intervista, di quando si era ritrovato in «via Angelo Rizzoli» a Cimiano, alle porte di Milano: la strada intitolata al nonno che portava il suo stesso nome, nel luogo in cui il padre Andrea aveva reimpiantato la «Grande Erre Verde», al culmine del boom economico italiano (la Rcs è ancora lì). Erano gli anni in cui la Rizzoli apriva una libreria a Manhattan, la Cineriz distribuiva i film di Fellini e il Milan targato Rizzoli conquistava la prima Coppa dei Campioni. Quando "Angelone" incrocia di nuovo quella Rizzoli tutto è però già compiuto e lontano.

È passato remoto la giovinezza dorata nella Milano ruggente: anni felici, anche se già offuscati dalle prime avvisaglie della Sla. È sfumata da tempo anche l'ambizione di coronare in terza generazione una grande dinasty imprenditoriale italiana nata in una tipografia nel 1911. Un'avventura radicata nel secolo precedente (Pirandello e D'Annunzio sono registrati nel borderò della prima Rizzoli) ma con gli occhi già fissi nel futuro: il settimanale popolare «Oggi» e l'hebdo «Omnibus» (by Leo Longanesi) vengono partoriti nel "laboratorio" di Angelo Sr e di Andrea quando il fascismo è ancora in sella.

Nessuno, certamente, si stupisce quando nei primi anni '70 anche il Corriere della sera entra nella scuderia Rizzoli. Sembra il più naturale dei passaggi di consegne intra moenia a Milano: i Rizzoli subentrano ai Crespi - editori meneghini d'antan - e ai Moratti, mentre gli stessi Agnelli fanno un passo indietro. Sembra anche la consacrazione di una famiglia: Ljuba, seconda moglie di Andrea, è divenuta una delle regine dei salotti milanesi. Invece è l'inizio della fine: sicuramente per Angelo Jr, entrato meno che trentenne nella stanza dei bottoni, quando però l'epoca d'oro sta già declinando.

Così come a cavallo della seconda guerra mondiale, la Rizzoli non si ferma e rilancia sempre: compra quotidiani-icona come «La Gazzetta dello Sport» e «Il Mattino di Napoli», scommette sulla tv acquistando Telemalta, sperimenta un tabloid popolare con «L'Occhio» di Maurizio Costanzo. Ma i turbolenti anni 70 non perdonano. La spirale fra debiti e inflazione spinge la «Erre Verde» verso il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, alla ricerca di finanziamenti di sopravvivenza. Che arrivano, ma a un prezzo inevitabilmente altissimo: assieme a Calvi e ai suoi crediti si siedono al tavolo della Rizzoli e del «Corriere» la P2 di Licio Gelli e Umberto Ortolani (anche Angelo Jr risulta poi iscritto nelle liste). In cabina di regia manageriale s'insedia Bruno Tassan Din: il controllo del gruppo è in pegno all'Ambrosiano e ai suoi mandanti.

La Rizzoli non è più dei Rizzoli e si avvia al crack, ma "Angelone" è sempre a bordo. È l'inizio della seconda metà della sua vita: contraddistinta - più che da ogni altro tratto - da una sofferenza multiforme (dalla bancarotta ai 13 mesi di carcere preventivo, dall'aggravarsi della propria malattia alla morte "di crepacuore" del padre); da un'umiliazione sempre vissuta come ingiusta; dalla volontà di riaffermare una "verità" diversa e opposta a quella via via raccontata da migliaia di pagine di documenti giudiziari o di cronache finanziarie.

La ferita di Angelo Jr non riesce mai a rimarginarsi: neppure dopo la ripartenza come produttore televisivo; neanche dopo il nuovo matrimonio con Melania De Nichilo (dopo il primo con l'attrice Eleonora Giorgi) e la nascita dei figli Arrigo e Alberto. Neppure, infine, dopo che la Cassazione cancella nel 2009 ogni macchia formale per la bancarotta del 1983. L'anno dopo, "Angelone" - sempre più minato dal male - decide di ridiscendere in trincea, dopo quasi trent'anni. È sempre convinto di dover essere annoverato fra le vittime, non fra i colpevoli in una vicenda-simbolo di quella "notte della Repubblica" segnata dalle morti oscure di Calvi e Michele Sindona non meno che dall'assassinio di Aldo Moro.

È così che nasce l'ultima delle sue azioni legali, avendo sempre come obiettivo coloro che si ritrovarono padroni della Rizzoli e del Corriere della sera: anzitutto Giovanni Bazoli - che aveva raccolto le macerie del Vecchio Ambrosiano - e poi il nucleo originario del futuro azionariato stabile Rcs cui il Nuovo Banco aveva passato il testimone su precisa indicazione di Tesoro e Banca d'Italia, tagliando il groviglio della Centrale Finanziaria.
Virtualmente in parallelo con la lunghissima querelle fra Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi sulla "guerra di Segrate" di fine anni 80, anche Rizzoli Jr (che arruola lo stesso legale della Fininvest) vorrebbe riscrivere tout court un capitolo della storia nazionale: chiede di essere risarcito per un presunto danno ingiusto, sostiene che l'azienda che porta il suo nome gli è stata sottratta ed è passata di mano a valori scorretti e manipolati, che quella stagione non può passare definitivamente agli annali in modo manicheo, fra "buoni" e "cattivi". Il Tribunale di Milano gli dice di no e gli imputa addirittura un tentativo di "lite temeraria". Non è l'ultima pagina amara di una vita trascorsa sempre sotto riflettori troppo accesi o nell'ombra più buia: ancora nel febbraio scorso, Angelo Rizzoli Jr viene arrestato - in un letto di un ospedale romano - per un dissesto da 30 milioni legato alle sue attività di produttore.

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