Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2013 alle ore 20:03.
L'ultima modifica è del 14 dicembre 2013 alle ore 10:35.

My24
Michael Noonan (Ap)Michael Noonan (Ap)

A giudicare dagli alberi di Natale che costellano il centro di Dublino, le luccicanti vetrine di O'Connell Street o il viavai colorato e rumoroso delle bancarelle di Henry Street, l'Irlanda è un Paese che ha superato la crisi e si gode il suo miracolo. Quello che - celebrato con un grande evento mediatico ieri nella sede del governo - si compirà domani: l'uscita dopo tre anni dal programma di aiuti internazionali da 67,5 miliardi, concessi da Unione europea e Fmi nel novembre 2010, dopo il collasso dell'economia seguito allo scoppio della bolla immobiliare.

Dietro l'innegabile risultato raggiunto - "una pietra miliare" lo hanno definito ieri all'unisono il ministro delle Finanze, Michael Noonan, e quello per la Spesa pubblica e le Riforme, Brendan Howlin - c'è però la realtà di un Paese prostrato da tre anni di austerity, con una disoccupazione elevata seppure in calo e un'emigrazione in aumento costante negli ultimi quattro anni. Per questo ieri i ministri non hanno voluto esagerare nei toni trionfalistici: Noonan ha sottolineato che l'uscita dal bailout «non è la fine della strada». Il Paese continuerà a perseguire le politiche oculate concordate finora con la troika dei creditori internazionali (Ue, Bce e Fmi), ma il Governo sta valutando un taglio delle tasse sul reddito nei prossimi due anni per rilanciare l'economia; Howlin ha inoltre lodato «la forza e la capacità di sopportazione del popolo irlandese».

La prima sfida che l'Irlanda uscita dal bailout dovrà affrontare è il finanziamento autonomo sui mercati, senza neppure quella linea di credito precauzionale che parecchi le consigliavano, ma che avrebbe comportato l'imposizione di nuove condizioni. Alla Ntma, l'Agenzia del Tesoro, non hanno dubbi sulla scelta: «Non ce n'era bisogno - spiega Oliver Whelan, direttore delle operazioni di finanziamento e gestione del debito - perché la linea di credito dura inizialmente un anno e noi abbiamo già raccolto oltre 20 miliardi, sufficienti a coprire il nostro fabbisogno fino all'inizio del 2015. La reazione dei mercati (ieri i decennali irlandesi sono scesi attorno al 3,5%, dai picchi del 15%, ndr) ha confermato che era la decisione giusta». L'Agenzia prevede comunque di raccogliere ancora tra i 6 e i 10 miliardi con le aste di quest'anno, conta su un upgrade del rating da Moody's ed è fiduciosa che gli stress test europei non evidenzieranno requisiti patrimoniali aggiuntivi per le banche. «La nostra Banca centrale - sottolinea Rossa White, capo economista della Ntma - ha appena concluso una Asset Quality Review, da cui emerge che le banche irlandesi non hanno bisogno di più capitale».

Tutt'altra visione quella dei sindacati. L'uscita dal bailout senza paracadute secondo Macdara Doyle, portavoce del Congresso irlandese delle Trade Unions. È «una decisione politica, un matrimonio felice tra il desiderio irlandese di mandare un segnale il più forte possibile ai mercati e il bisogno dell'Europa di mostrare, con l'Irlanda, una storia di successo. Mentre le prospettive economiche sono ancora molto fragili».
Le stime ufficiali del governo sono buone: prevedono una crescita del 2% l'anno prossimo, un deficit sotto il 3% nel 2015, e un debito che, dopo il picco del 124% quest'anno, dovrebbe iniziare a scendere. Resta elevata la disoccupazione, al 12,8%, soprattutto se si considera che i disoccupati di lungo termine sono il 60% del totale. Ma anche su questo fronte le valutazioni divergono. Fergal O'Brien, capo economista dell'Ibec, la principale associazione imprenditoriale irlandese, fa notare che il numero di occupati nel terzo trimestre dell'anno è cresciuto di quasi 60mila unità, più del 3%, «nonostante l'incremento del Pil non sia elevato: un dato spettacolare che fa ben sperare per la ripresa dei consumi». La domanda interna, che ha dato segnali di risveglio nell'ultimo semestre, può essere il fattore decisivo per una ripresa più equilibrata e meno dipendente dall'export.

L'altra pesante eredità sociale della crisi è l'emigrazione, tradizionale valvola di sfogo per l'Irlanda nei momenti di maggiore povertà. Più colpite soprattutto le zone rurali, come sottolinea Seamus Boland, presidente dell'Irish Rural Link che raggruppa appunto le comunità rurali, facendosi portavoce delle loro istanze presso il governo: «Dei circa 80mila emigrati irlandesi dell'ultimo anno - fa notare - 45mila vengono dalla campagna: giovani tra i 20 e i 30 anni, spesso con un buon livello di istruzione, che non trovano più lavoro in settori che erano il naturale serbatoio occupazionale per queste zone, come costruzioni e pubblico impiego. Nell'Irlanda rurale città e villaggi stanno soffrendo, gli esercizi commerciali faticano a sopravvivere».
È questo l'ultimo, non trascurabile aspetto dei due volti della miracolosa ripresa irlandese: un conto è Dublino - e più in generale la costa orientale - ricca di industrie e multinazionali (attratte dal favorevole regime fiscale), con maggiori opportunità di impiego e un settore immobiliare che mostra decisi segnali di risveglio; un conto il resto del Paese. Così se nelle Midlands - come fa notare ancora Macdara Doyle, citando i commercianti - «sarà il peggior Natale di sempre», la capitale può intonare la sua Christmas Carol, insieme ai festosi gruppi di giovani che si esibiscono su O'Connell Street raccogliendo fondi per iniziative benefiche. In fin dei conti sarà il primo Natale senza la troika.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi