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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2013 alle ore 09:24.
L'ultima modifica è del 14 dicembre 2013 alle ore 10:22.

Il testo della Camera: tetto di 30omila euro alle donanazioni private
In base al testo approvato alla Camera lo scorso 16 ottobre (e fatto proprio oggi dal Cdm con un decreto legge) un privato che vorrà sostenere un partito politico non potrà donare più di 300mila euro l'anno (che diventano 200mila per soggetti diversi da persone fisiche) e godrà di detrazioni al 37% tra i 30 euro e i 20mila euro e al 26% tra i 20mila e i 70mila euro. Le spese per l'iscrizione a scuole o corsi di formazione politica saranno detraibili al 75% fino a un massimo di 750 euro l'anno. I partiti potranno raccogliere fondi anche con gli sms o con altre applicazioni da telefoni. Con il via libera di Montecitorio crescono i fondi per la cassa integrazione dei dipendenti dei partiti politici: ai 15 milioni già previsti per il 2014, ne sono stati aggiunti 8,5 per il 2015 e 11,25 per il 2016. Prevista anche una penalizzazione sui contributi per i partiti che non promuovono le quote rosa nelle loro liste.

La storia inzia il 5 giugno
Lo stop al finanziamento dei partiti è un impegno assunto dallo stesso premier già dal discorso di insediamento ma il Ddl del governo viene presentato alle Camere il 5 giugno (dopo l'approvazione del ddl in consiglio dei ministri a fine maggio). Prevede l'estinzione dei rimborsi elettorali nel 2017 e una graduale riduzione già a partire dal 2014. I partiti potranno però contare sul finanziamento dei privati attraverso il 2 per mille e altre forme di donazioni regolate però da precisi tetti. Ma già agli esordi la discussione si profila assai animata e ben presto emerge non solo la spaccatura fra Pd e Pdl ma anche quella all'interno dello stesso Pd. Da una parte i renziani che chiedono la cancellazione di ogni forma di sostegno indiretto dello Stato ai partiti (dalle sedi agli spazi tv), dall'altra la sinistra Pd che vuole graduare maggiormente il taglio del finanziamento pubblico. Su tutto aleggiano poi le parole dell'ex tesoriere Ds Ugo Sposetti: «Quando il testo del governo arriverà farà proseliti la mia iniziativa per bloccarlo». Non un bell'inizio insomma. Soprattutto se si considera che a tutto ciò si sovrappone il fronte aperto con il Pdl che chiede la soppressione dei vincoli su statuto e vita interna dei partiti o la depenalizzazione dei finanziamenti da società partecipate dallo Stato.

Il rinvio a settembre
L'8 agosto il Ddl Letta giace ancora in commissione alla Camera e la conferenza dei capigruppo si arrende: il provvedimento andrà in Aula dal 10 settembre. Ma la pausa estiva non porta consiglio e l'11 settembre il provvedimento varca l'aula della Camera dove lo stop and go ricomincia daccapo. Pd e Pdl restano arroccati nelle loro posizioni. Oggetto dello scontro è il tetto, su cui i democratici sono irremovibili, di 100mila euro alle donazioni private. Tetto respinto dal partito di Berlusconi. Il Ddl di Palazzo Chigi comincia allora un estenuante andirivieni tra Aula di Montecitorio e commissione Affari costituzionali. E sullo sfondo resta la minaccia di Letta: il ricorso a un decreto legge. Il via libera arriva solo il 16 ottobre: alla fine passa la mediazione di un tetto alle donazioni private pari a 300mila euro.

Nuovo stop per la sessione di bilancio
Il Ddl varca finalmente l'aula del Senato ma è di nuovo subito stop. Questa volta è la sessione di bilancio a imporre la battuta di arresto. Da un mese e mezzo il provvedimento è fermo in commissione per fare largo all'esame della legge di stabilità. Per mercoledì prossimo è in programma la relazione che aprirà la discussione generale. E si farà «di tutto», assicura la presidente Pd della commissione Affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro, per un esame del testo in tempi brevi. Ma, ammette, «non credo che si riuscirà ad approvarla in Aula entro il 2013». Con buona pace delle minacce di Letta. E con somma letizia del senatore Pd Ugo Sposetti che commenta soddisfatto: «L'ho detto tante volte: questo Ddl è un errore e a lisciare il pelo al populismo non si va da nessuna parte. Se poi il presidente del consiglio pensa si possa fare un decreto, rispondo che non vedo l'urgenza».

(Aggiornato sabato 14 dicembre ore 9,45)

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