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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2013 alle ore 15:16.
L'ultima modifica è del 15 dicembre 2013 alle ore 11:38.

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Nascerà martedì il terzo Governo tedesco guidato da Angela Merkel. L'accordo di Grande coalizione ha ricevuto il via libera dalla base del partito socialdemocratico. I 474mila iscritti, con un voto per mail, hanno detto sì a grande maggioranza - il 76% - alle larghe intese con la Cdu della cancelliera che nelle elezioni del 22 settembre è arrivata a soli cinque seggi dalla maggioranza assoluta.

Il Governo dovrebbe essere presentato ufficialmente domenica ma il totoministri sui media vede Wolfgang Schauble rimanere al potente ministero delle Finanze mentre al presidente della Spd - Sigmar Gabriel - andrebbe un super ministero dell'Economia che assorbirebbe anche le competenze sulle politiche energetiche nella delicata fase di transizione dal nucleare alle fonti rinnovabili. Per Frank-Walter Steinmeier (Spd) si profilerebbe il ritorno agli Esteri, incarico già ricoperto durante la prima Grande coalizione guidata da Merkel, nel 2005-2009. Infine, il ministero del Lavoro passerebbe dalla cristianodemocratica Ursula von der Leyen all'esponente socialdemocratica Andrea Nahles. Alla prima, grande amica di Merkel e politica in ascesa nella Cdu, andrebbe invece il ministero della Difesa, secondo le indiscrezioni di Sueddeutsche Zeitung.

Per la prima volta un patto di larghe intese è stato sottoposto al voto degli iscritti, una mossa voluta dalla leadership Spd per avere più potere negoziale con la Cdu che ha ottenuto il 41,4% dei voti alle elezioni contro il 25,7% dei socialdemocratici. Il partito di Gabriel, infatti, era riluttante ad imbarcarsi in un'altra Grosse Koalition dopo l'esperienza fallimentare del 2009 dalla quale la sinistra è uscita sconfitta consegnando il Governo del mandato successivo alla Cdu-Csu di Merkel-Seehofer. Soltanto l'uscita di scena del liberali di Fdp - che non hanno superato la soglia di sbarramento - ha costretto una poco convinta Spd alla trattativa.

L'accordo da 187 pagine siglato due settimane fa e sottoposto al referendum degli iscritti ottiene tre vittorie di indubbio peso per la sinistra: la fissazione per legge di un salario minimo di 8,50 euro all'ora; la possibilità per i figli di immigrati nati in Germania di mantenere la doppia cittadinanza; la pensione anticipata a 63 anni senza penalità per chi abbia raggiunto i 45 anni di contributi. Inoltre, il patto di coalizione prevede limiti più stringenti agli aumenti degli affitti, problema molto sentito nelle grandi città dalla classi sociali economicamente più deboli. Più investimenti per infrastrutture e ricerca sono l'altro punto centrale dell'accordo che punta a una maggiore spesa pubblica utilizzando i surplus di bilancio che la crescita dovrebbe garantire al Paese.

Nessuna sopresa, invece, sul fronte delle politiche europee. Il patto tra Cdu e Spd mantiene fermo il principio di sostenibilità del debito pubblico e di non "mutualizzazione" tra i Paesi dell'Eurozona. Sotto certi aspetti, anzi, le posizioni socialdemocratiche sono apparse più severe di quelle sostenute in passato dalla Cdu, come per esempio sul controverso tema del fondo comune per la ricapitalizzazione diretta delle banche in difficoltà nel quadro degli accordi, in corso di definizione, sull'Unione bancaria.

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