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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2013 alle ore 06:25.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:11.

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Chi non sa cos'è l'anatocismo, si aspetta di trovarne la definizione più su un testo di medicina (per individuare una malattia) che su un testo di economia o di diritto. Nel termine anatocismo, però, si imbattono i giuristi e gli economisti in erba al primo anno di università, quando apprendono che, il nostro Codice civile, per scongiurare pratiche usurarie, vieta (a meno di «usi contrari») che gli interessi scaduti possano essere capitalizzati e quindi produrre interessi a loro volta, a meno che il creditore lo richieda con una domanda in giudizio o a meno che il creditore e il debitore si accordino in tal senso quando si tratti di interessi scaduti e comunque si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi.

Fino al termine degli anni Novanta questa norma è stata per le banche, che adducevano la sussistenza di "usi" in tal senso a loro favore, il cavallo di battaglia per pretendere il pagamento di interessi su interessi. Ma anche battendo sul rilievo che le banche ingiustificatamente non concedevano parità di trattamento tra interessi creditori e debitori, i clienti delle banche (consumatori e imprese) hanno via via ottenuto il riconoscimento delle loro ragioni. Le conquiste progressive hanno avuto come riferimento il contenimento della commissione di massimo scoperto, l'affermazione della nullità delle clausole in contrasto con la normativa in tema di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti, la proclamazione della parità di trattamento, in quanto a produttività di interessi, tra conti in nero e conti in rosso. E ora l'ultimo passaggio: un nuovo intervento con la legge di stabilità che non piacerà di certo a banche con i conti sempre più in rosso.

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