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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2013 alle ore 08:26.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:14.

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La crescita economica è una candela che si sta spegnendo? Dobbiamo dar retta al premio Nobel Paul Krugman che dalle colonne del New York Times e da quelle del Sole 24 Ore scorge un futuro attaccato dal virus della «stagnazione secolare» - «uno stato persistente in cui un'economia depressa è la norma»? Certo è che oggi non si intravedono sentieri di crescita facili da percorrere a passo spedito.

Il giudizio di Krugman & Co. non è però una condanna inappellabile. Varie alternative alla depressione si avvistano nel passaggio, osservato da Erik Brynjolfsson che dirige il MIT Center for Digital Business, da un'economia basata sulla produzione a un'altra trainata dalle idee e dalle tecnologie della rivoluzione digitale che riconfigurano la manifattura e ridefiniscono i comportamenti dei consumatori. Allontanano dalla caduta nel baratro della depressione anche le letture microeconomiche del calo e dell'invecchiamento della popolazione.
A far da contrappeso a quella che altrimenti sembrerebbe una flessione irreversibile dei consumi per effetto della demografia è l'economia della collaborazione e della condivisione che offre ai consumatori l'accesso a capacità altrimenti inutilizzate e a risorse inattive. La doppia elica della rivoluzione digitale e dei network sociali innescata dai nativi digitali potrebbe far ripartire il motore dei consumi. L'aumento dei consumi collettivi contribuirebbe almeno parzialmente a compensare la diminuzione di quelli individuali.

Tra tutti i fattori in gioco, quello che merita attenzione crescente è l'altro volto della propensione media e marginale al consumo - la propensione all'accesso e alla condivisione di un bene o servizio anziché alla sua proprietà. L'economia della condivisione di prodotti e servizi è in rapida crescita: secondo la Knight Foundation, mediamente più del 36 per cento annuo tra il 2009 e il 2012.
All'acquisto del bene compact disk si preferisce l'accesso al servizio d'ascolto della musica. La proprietà dell'auto cede il passo all'affitto a tempo e al car sharing. Si condividono competenze e con il crowdfunding si mette in comune denaro per sostenere finanziandole iniziative di singole persone o organizzazioni. Se la lama affilata della crisi falcia stipendi e pensioni, il singolo che cavalca l'onda dell'economia digitale potrà ottenere un reddito supplementare oppure risparmiare attingendo alla fonte del consumo collaborativo.

Con il 13 per cento della popolazione, anche il nostro paese si è tuffato nelle acque dell'economia collaborativa: in particolare, nell'ambito dei trasporti, delle energie, dell'alimentazione e del design. Giocando in attacco con le squadre del made in Italy e, in difesa, alzando dighe contro l'alta marea della disuguaglianza che affossa i redditi medi e allunga la coda delle persone in stato d'indigenza, le start-up italiane allargano la piattaforma dei partecipanti al consumo collaborativo offrendo prodotti di qualità a prezzi contenuti. Non solo. La trasparenza e l'informazione capillare via web asciugano i costi di transazione. Le consegne a domicilio infrangono le barriere di mobilità fisica che impediscono agli anziani con difficoltà motoria di fare acquisti e per gli altri eliminano i costi di trasporto.
Quindi svariate opportunità di acquisto agevolato per la spesa alimentare che è tra le voci principali nel bilancio delle tante persone della terza età non propriamente benestanti. Se coloro che decidono le politiche si adoperano per colmare il gap digitale tra i diversi strati della popolazione e per facilitare l'ingresso nell'arena imprenditoriale alle start-up innovative dell'economia collaborativa, allora la depressione non sarà più l'esito inevitabile preannunciato con caratteri indelebili nel libro del futuro economico in Italia e nel resto del mondo.
piero.formica@gmail.com
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