Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2013 alle ore 10:51.
L'ultima modifica è del 07 gennaio 2014 alle ore 17:35.
A 60 anni dal suo suicidio la regina ha formalmente «perdonato» Alan Turing, il genio matematico che, tra le altre sue opere, durante la II Guerra Mondiale a Bletchley Park riuscì a decodificare l'inviolabile codice delle macchine Enigma usate dalle forze armate tedesche. Turing si suicidò nel 1954, dopo la fine del conflitto, perché era omosessuale. Due anni prima era stato condannato - all'epoca essere gay era un reato - e sottoposto a castrazione chimica.
Il matematico, nato a Londra nel 1912, morì a 41 anni. Per il suo lavoro Turing è considerato, oltre che un genio matematico, il padre dell'informatica e della crittografia moderna. I suoi successi contribuirono a modificare il corso della guerra. Ancora oggetto di polemiche le cause della sua morte: secondo i media britannici, Alan Turing «è stato probabilmente avvelenato con il cianuro, mentre la tesi del suicidio non è mai stata provata».
La grazia è stata accolta dalla Regina Elisabetta II su richiesta del ministro della Giustizia Chris Grayling, che ha parlato di un «uomo eccezionale con uno spirito brillante»: «La sua vita più tardi è stata oscurata dalla condanna per omosessualità, condanna che consideriamo oggi come ingiusta e discriminatoria e che è ormai annullata», ha dichiarato Grayling. Già nel 2009, l'allora primo ministro Gordon Brown aveva presentato delle scuse postume, riconoscendo che il grande matematico e logico era stato trattato in modo orribile. Nel 2012, anno del centenario dalla nascita di Turing, undici scienziati britannici, tra cui Stephen Hawking, avevano chiesto l'annullamento della condanna del «matematico più brillante dell'epoca moderna».
©RIPRODUZIONE RISERVATA