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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2013 alle ore 22:11.
L'ultima modifica è del 01 gennaio 2014 alle ore 18:35.

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Un discorso intenso e onesto, fatto di molteplici piani. Napolitano si è rivolto ai suoi concittadini con un tono nuovo, cercando di rendere le istituzioni vicine alla sofferenza delle persone. Citati per nome, uno a uno, gli italiani e le italiane che hanno scritto lettere al Quirinale sono stati i protagonisti del messaggio. Il loro coraggio, la loro tenacia nell'affrontare il dramma dei nostri tempi senza perdere la speranza nel futuro ha ben meritato questo posto privilegiato nell'indirizzo del capo dello Stato. Perché è a loro che viene affidata la ripresa della nazione.

Ripresa - si può interpretare - che dovrà essere morale prima ancora che economica e politica. E gli italiani hanno dimostrato in questi frangenti, nel corso del terribile 2013, di possedere tutti i titoli morali per risalire la china. È stato quindi, più che in passato, un intervento rivolto alla coscienza di ogni cittadino della Repubblica. Con il riconoscimento esplicito di quanto sia giusta la diffidenza verso certi comportamenti dei politici. Ma non c'è stata, anche questo va detto, alcuna compiacenza verso la cosiddetta "anti-politica". Al contrario, il capo dello Stato ha difeso con vigore le sue scelte, descrivendo la necessità di un governo che sia nel pieno della sua legittimità parlamentare per garantire quella stabilità senza la quale tutto è perduto, a cominciare dall'equilibrio della finanza pubblica.

Chi propone il salto nel buio rischia di lavorare per il caos e nel caos l'Italia perderebbe tutte le posizioni riguadagnate con fatica negli ultimi tempi. Sotto questo aspetto quindi il discorso di fine anno appare diviso piuttosto nettamente in tre parti. La prima ha messo al centro gli italiani come singoli individui e come appartenenti a una comunità nazionale che non ha smarrito il senso della solidarietà. La seconda ha affrontato i temi politici, ma senza dilungarsi troppo. Napolitano ha accennato al «patto di programma» che dovrà essere definito all'interno della maggioranza. È chiaro il suo favore perché tale patto si realizzi in fretta, ma l'accento è stato messo semmai sulla necessità che l'opposizione sia coinvolta nell'elaborazione delle riforme, a cominciare da quella elettorale. Niente nomi e cognomi, né Letta né Renzi né Grillo né altri. Ma tutti i protagonisti della vita pubblica risultano ben riconoscibili e a tutti é stato chiesto un supplemento di responsabilità in un'ora decisiva per il paese. Il tempo dei rinvii è scaduto, occorre un vero "cambiamento" (e c'è da creder che il neo segretario del Pd non sarà affatto scontento di questa parte del discorso).

Infine il presidente ha voluto rispondere alle accuse che lo riguardano, ai tentativi di condizionamento e di delegittimazione che egli subisce ormai da tempo. Ha definito «ridicole» le critiche circa un ipotetico «strapotere» da lui esercitato nel dibattito politico, fino a debordare dall'alveo dei sui poteri costituzionali. E in effetti si tratta di accuse politiche, cioè del tentativo di trasferire sul piano istituzionale i metodi e i modi spicci della lotta politica. Chi misura tutto in base alla logica del "web" è rimasto colpito dal fatto che il famoso contro-discorso di Grillo su internet abbia mandato in tilt il sito, causa l'eccesso di contatti. Come a paragonare i due interventi paralleli in base a questo indice di successo. Ma ovviamente non c'è una comparazione possibile.

Grillo ha ripetuto le sue invettive democraticamente legittime, ma in definitiva ha auspicato la vittoria dei Cinque Stelle nelle elezioni europee di maggio. È un'ambizione comprensibile: del resto il voto europeo favorirà senz'altro, e non solo in Italia, le forze più radicali, come la Le Pen in Francia. Lo scenario di Napolitano è logicamente un altro e riguarda il destino dell'Italia come nazione. È stato un discorso importante, uno dei più significativi dei sette anni e mezzo al Quirinale dell'attuale presidente. Specie in quel riaffermare che questo settennato sarà molto più corto: perché non c'è alcuna volontà di restare sul Colle più tempo del necessario. Ma nessuno deve illudersi di poter condizionare il capo dello Stato o magari di indurlo alle dimissioni con le pressioni e le intimidazioni.

Questo non accadrà perché il compito del presidente è quello di garantire gli equilibri istituzionali e di favorire per quanto è possibile il rinnovamento dello Stato. Su questo punto finale Napolitano è stato fermissimo e chiaro. Nel braccio di ferro permanente con l'opposizione anti-sistema, che è efficace ma ha così poco da offrire, si può dire che il Quirinale ha segnato un punto pesante.

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