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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2014 alle ore 07:10.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:34.

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L'imminente arrivo della legge sul rimpatrio dei capitali "esentasse" occultati all'estero (il cosiddetto programma di voluntary disclosure), se da un lato darà ossigeno alle entrate fiscali e dall'altro consentirà la rimessa nel circolo economico di un buon numero di miliardi (almeno 200 sparsi nel mondo, l'85% in Svizzera, secondo stime prudentissime), dovrà necessariamente tener conto di un punto di partenza irrinunciabile.

Il contribuente che aderirà al programma, svelando tutto il panorama dei suoi investimenti e depositi oltralpe, deve poter essere sicuro che il patto che sottoscrive con il Fisco sia serio, chiaro e senza trucchi. Dato per scontato che – qui come negli altri Paesi che l'hanno già fatta – la voluntary non è un condono né uno scudo, ma un "ravvedimento operoso", chi svelerà alle Entrate i suoi segreti deve essere certo che la partita si chiuderà un minuto dopo aver pagato le tasse dovute. Il rischio da evitare è che la voluntary diventi invece solo l'antipasto per la voracissima agenzia fiscale.

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TAG: Fisco

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