Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2014 alle ore 16:44.
L'ultima modifica è del 05 gennaio 2014 alle ore 18:28.

My24
Pierluigi Bersani e Matteo Renzi (Lapresse)Pierluigi Bersani e Matteo Renzi (Lapresse)

Passare dalla guida del Partito democratico a una posizione più defilata, fuori dalla porta della stanza dei bottoni. Il tutto nell'arco di un anno. Pierluigi Bersani è stato sconfitto sul piano politico da Matteo Renzi. Nello scontro tra vecchia e nuova guardia la prima ha dovuto farsi da parte.

La vittoria alle primarie del dicembre 2012
Dicembre 2012: l'ex ministro delle Attività produttive è incoronato candidato premier del centrosinistra (Pd, Sel e Partito socialista italiano) in vista delle elezioni politiche della primavera del 2013. Nel ballottaggio delle primarie, infatti, Bersani ha vinto con oltre il 60% dei voti la partita non facile con il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, il giovane rottamatore che preme per una ventata di aria nuova all'interno del partito. Renzi ha chiuso al 39 per cento. Due gli slogan di Bersani: «Non racconteremo favole». E quello più ironico - per il quale riceverà le critiche all'indomani delle politiche del febbraio 2013 - : «smacchieremo il giaguaro» (il riferimento è al leader del Pdl Silvio Berlusconi).

Al via la campagna elettorale
Una volta assunta la guida del partito, il 17 gennaio del 2013 Bersani apre la corsa al volto del 25 febbraio. Inizia la campagna elettorale. All'Ambra Jovinelli di Roma rivendica: «Tocca a noi». Dopo un pranzo di pacificazione in un ristorante romano, Renzi gli assicura un pieno sostegno e dà una mano. Ma il fantasma del rottamatore aleggerà sempre sulle iniziative politiche promosse da Bersani.

Lo scoppio del caso Mps
La campagna elettorale inizia subito in salita. Scoppia il caso Monte dei Paschi di Siena. Gli avversari del Pd ricordano l'influenza che i democratici hanno avuto sulla banca. Bersani difende il partito e respinge tutte le accuse.

La doccia fredda alle politiche 2013
Arrivano le elezioni. Il 25 febbraio è il giorno della doccia fredda. I primi exit pool danno il Pd vincente, ma con il passare dei minuti viene fuori una realtà diversa: il centrosinistra ha la maggioranza assoluta alla Camera, mentre al Senato i democratici non sono autosufficienti. Bersani attende da casa i risultati definitivi. Intanto, arrivano i primi attacchi: è una mezza sconfitta, sottolineano non solo le forze politiche concorrenti del centrosinistra, ma anche alcune correnti interne al partito, renziani in prima fila. È l'inizio di una lenta guerriglia all'interno dei democratici. Per 24 ore Letta gestisce un partito che ha accusato il colpo.

Bersani: non abbandono la nave
Il 26 febbraio interviene Bersani. Chiarisce che non intende fare alcun passo indietro. «Non abbiamo vinto anche se siamo primi - ammette -. Io non abbandono la nave. La prima parola tocca a noi». Il Pd lancia un messaggio al capo dello Stato Giorgio Napolitano: siamo pronti a formare un esecutivo, ma a due condizioni. La prima: che sia un governo di cambiamento, con un sostegno esterno dei Cinque Stelle. La seconda: una convenzione sulle riforme che coinvolga tutti i partiti. Elezioni dei presidenti di Camera e Senato: è un primo banco di prova. Bersani gioca sulla novità: Laura Boldrini a Montecitorio con i voti della sola maggioranza; Piero Grasso a Palazzo Madama grazie al sostegno di qualche dissidente grillino.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi