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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2014 alle ore 07:50.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:37.

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Se il Consumer electronic show di Las Vegas, la più grande fiera dell'elettronica del mondo, è la lente privilegiata per capire quali oggetti tecnologici entreranno nelle nostre case, c'è poco da stare tranquilli. Quel baraccone multicolore rappresentato dal Ces ha messo in vetrina più di 20mila nuovi prodotti, raccolto 200 startup e ospitato 5mila espositori. Quanti di questi 20mila oggetti hanno senso e cambieranno le nostre vite è la domanda che gli osservatori si pongono.

I primi ad avere il fiato corto sono loro, i big dell'elettronica di consumo. L'innovazione di prodotto, ha scritto John Gownder, analista di Forrester, non è più mestiere esclusivo dei grandi. E il mercato non li aiuta. Perché a livello commerciale anche il business dei beni di consumo tecnologici come un po' tutta l'economia è abbastanza fermo. L'industria dell'elettronica incrociando i dati di Gfk e Ces vale 1.055 miliardi di dollari (l'1% in meno dell'anno scorso). Il punto più basso l'ha toccato nel 2009 (sotto gli 800 miliardi). A tenere alto il morale degli espositori ci sono tablet e smartphone (con tassi di crescita a doppia cifra) e i pannelli Lcd. Il resto dei prodotti non se la passa benissimo. E neppure i loro creatori.

Da una parte i grandi marchi giapponesi (Sharp, Sony e Panasonic) in affanno sui conti e in cerca di vocazione. Prendiamo l'esempio del televisore. In questi anni si sono visti sfilare da sotto i piedi un pezzo del mercato tv per opera dei coreani di Samsung e Lg. Panasonic realizza tv ma è uscita dai plasma, storicamente il loro fiore all'occhiello per dedicarsi a pannelli solari e batterie. Sharp lavora sulla qualità dei display. Mentre Sony confida nel successo del 4K (o Ultra Hd che dir si voglia): televisori con una definizione quattro volte superiore a quella degli attuali schermi in Hd. Il gruppo di Tokyo è l'unico a controllare l'intera filiera del 4k (dalle telecamere ai server alle macchine per la proiezione) ma contenuti, programmi e film in altissima definizione restano pochi (in soccorso sta arrivando lo streaming di Youtube e Netflix). Samsung e Lg hanno un vantaggio tecnologico. I due ledear del mercato tv globale sono avanti nei pannelli Oled, considerati the ultimate display, lo schermo "definitivi", sottile come un foglio di carta e capace di emettere luce propria. Sono loro i primi che hanno cominciato a curvare gli schermi Oled.

Dietro alla scelta delle curve ci sono pure ragioni produttive ma da Las Vegas hanno già iniziato una potente campagna mediatica per convincere lo spettatore che curvo è meglio. Non paghi, i due rivali coreani si sono divertiti a piegare e a rendere flessibile la tv. Samsung ha presentato la Bendable Tv, un prototipo da 85 pollici che, al tocco di un pulsante, converte il suo design da piatto a schermo curvo. Lg ha risposto con una schermone da 77 pollici flessibile. Effetti speciali a parte, i due coreani si trovano a fare i conti con la Cina di Hisense e Huawei, due multinazionali pronte a dare l'assalto al mercato occidentale con televisori 4k a costi umani (anche sotto i duemila euro).
Gli attori in gioco non sono solo i grandi produttori di tv. Intorno al piccolo schermo si consuma il confronto tra vecchi e nuovi padroni dell'elettronica. Tra chi di mestiere produce oggetti e chi piattaforme, ecosistemi e software come Apple, Microsoft, Google.

Tra quelli con la tuta che battono il ferro e imbottiscono gli elettrodomestici e i dispositivi mobili di tecnologia e chi si occupa anche di lanciare servizi, ospitare app, fornire ambienti di lavoro e intrattenere. Chi controlla il sistema operativo controlla il business, è il mantra. Ecco perché Lg ha annunciato di essersi fatta il proprio sistema operativo per smart tv. WebOs è un software progettato da Palm, acquisito da Hp e poi girato ai coreani. Panasonic e Mozilla hanno lanciato un accordo che va in questa direzione. A differenza degli smartphone, dominati da Android, le tv connesse non hanno un sistema operativo leader. Anche il rivale Samsung lavora sul proprio ecosistema che dovrebbe connettere tv e telefonini. L'obiettivo di tutto è quello di emanciparsi da Android, dai social network alla Facebook, dalla tentazione di trovarsi costretti a vendere l'anima a grandi fornitori di ecosistemi, delegando a loro il pallino dell'innovazione.

Servono nuove idee. Lo ha capito Tim Cook di Apple che ha promesso per quest'anno «nuove ed entusiasmanti categorie di prodotti». Lo ha capito Intel che ieri ha tenuto un sorprendente keynote. Brian Krzanich, il nuovo ceo del più grande produttore del mondo di microprocessori, ha sorpreso tutti presentando una valanga di prototipi: tecnologie che si indossano, chip grandi quanto una scheda Sd dalla potenza di un pc, sensori che interpretano i movimenti del corpo, software che comprendono il linguaggio naturale, robot programmabili che si connettono a internet. Sono prodotti nuovi che nascono dalla convergenza di macro-fenomeni tecnologici come l'internet delle cose (internet of things), la diffusione di sensori biometrici a basso prezzo, l'ingresso sul mercato di hardware open source programmabile e l'evoluzione delle interfacce uomo-macchina. Da questa convergenza stanno nascendo nuove categorie di prodotti "intelligenti" come braccialetti, occhiali e orologi e stampanti 3D. In molti casi la tecnologia non sembra ancora matura. A progettarli però non ci sono più solo i big, ma anche piccole startup del gadget, maker e designer. Una nuova piccola impresa dell'innovazione destinata ad alimentare con creatività e idee tutta l'elettronica.

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