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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2014 alle ore 11:33.
L'ultima modifica è del 09 gennaio 2014 alle ore 21:29.

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L'abitazione romana di Claudio Scajola, a sinistra (Ansa)L'abitazione romana di Claudio Scajola, a sinistra (Ansa)

Il pubblico ministero chiede di condannare a tre anni di reclusione e di comminare due milioni di euro di multa all'ex ministro Claudio Scajola e all'imprenditore Diego Anemone. Le richieste sono state avanzate dalla Procura di Roma nell'ambito del processo per finanziamento illecito a parlamentare in relazione all'acquisto di un appartamento in via del Fagutale a Roma.

«Il fatto compiuto è gravissimo. L'acquisto di appartamenti era un sistema di corruzione». Sono queste le parole del pm Ilaria Calò davanti al giudice monocratico del tribunale di Roma nel corso della sua requisitoria per motivare la richiesta di pena nei confronti di Anemone e Scajola. Il pubblico ministero Roberto Felici ha sottolineato, da parte sua, come nella vicenda che portò Scajola a dimettersi da ministro dello Sviluppo economico, ci siano i presupposti di diritto per considerarla una «storia di corruzione». Secondo la ricostruzione degli inquirenti infatti Anemone avrebbe pagato, attraverso l'architetto Angelo Zampolini, parte (circa 1,1 milioni di euro su 1,7 milioni) della somma versata nel luglio del 2004 dall'esponente del Pdl per acquistare l'immobile con vista sul Colosseo.

«Non é proprio possibile credere alla tesi della difesa secondo cui Claudio Scajola non si é reso conto che qualcuno al suo posto versasse una somma così enorme (cioé un milione e 100mila euro) per l'acquisto dell'immobile di via del Fagutale 2. Scajola era consapevole benissimo che c'era stata una prestazione ulteriore, magari senza conoscerne l'esatto importo», hanno concluso i pm .

Secondo Elisabetta Busuito, una degli avvocati dell'ex ministro, «le prove documentali e testimoniali emerse durante il processo hanno rivelato la superficialità e l'inesattezza delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza». Secondo l'avvocato «non vi è alcun riscontro provato che supporti il reato di finanziamento illecito. La perizia relativa ai flussi bancari ha rivelato come non vi sia traccia rispetto ad orari e modalità di versamento degli assegni. La perizia relativa al valore dell'immobile ha confermato la congruità del valore dell'immobile di via del Fagutale rispetto alla cifra pagata dall'onorevole Scajola». Rispetto ai lavori di ristrutturazione secondo la penalista «essi venivano pagati regolarmente da Scajola, come è emerso in fase dibattimentale, così come da Scajola è stato ad esempio pagato il notaio. Chiediamo, quindi, l'assoluzione perché il fatto non sussiste».

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