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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2014 alle ore 08:58.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:39.
La più importante decisione di politica economica del 2013 potrebbe benissimo essere stata adottata a novembre al terzo plenum del comitato centrale del Partito comunista cinese, che si è impegnato a dare al mercato un ruolo "decisivo" nella guida dell'economia cinese. Poiché la Cina è oggi il più grande esportatore mondiale dopo l'Unione europea, e rappresenta circa la metà della crescita mondiale, le decisioni prese a Pechino potrebbero avere un impatto più importante per l'economia globale di quelle prese a Berlino, Bruxelles o Washington.
Ma, mentre l'abbraccio della Cina al mercato e l'apertura al mondo esterno hanno consentito di raggiungere un progresso economico sorprendente negli ultimi tre decenni, il Paese potrebbe aver raggiunto un livello di reddito in cui il problema non è "troppo poco mercato". Al contrario, oggi alcuni dei principali problemi della Cina richiedono un ruolo più forte da parte del governo.
L'inquinamento di aria e acqua, per esempio, può essere affrontato solo da un maggiore intervento statale, a livello centrale e locale. Le autorità hanno fatto della risoluzione del problema una priorità, e non vi è dubbio che la Cina ha le risorse per farlo. La lotta contro smog e inquinamento delle acque si gioca sulla forza del Paese: la disponibilità di enormi risparmi nazionali per finanziare gli investimenti necessari in attrezzature per abbattere l'inquinamento.
Il dilemma per i leader cinesi è che soddisfare l'esigenza di un maggior controllo dell'inquinamento e delle infrastrutture rende più difficile il raggiungimento del loro obiettivo di spostare il modello economico di crescita del Paese basato sugli investimenti e l'export verso uno basato sul consumo. Ma il maggior consumo odierno potrebbe aggravare il problema dell'inquinamento. Come risultato, il riequilibrio economico può essere ritardato dalla necessità più urgente di investimenti ambientali.
Anche altri settori dell'economia richiedono più sorveglianza da parte del governo. Le industrie di rete quali telecomunicazioni, gas, elettricità e acqua tendono a diventare monopoli o oligopoli se lasciate alle sole forze di mercato. Economie ben gestite raggiungono livelli più elevati di benessere, non perché in questi settori c'è minore regolamentazione, ma perché una regolamentazione più efficiente previene la comparsa di cartelli, tutelando i consumatori.
Un ragionamento analogo vale per la riforma delle imprese del settore statale. Il nodo non è tanto la forma della proprietà (pubblica o privata) quanto la necessità di garantire che queste imprese operino secondo principi di mercato e in un ambiente competitivo.
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