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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2014 alle ore 08:39.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:39.

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È sempre importante, e sempre difficile, distinguere l'economia positiva (come le cose funzionano effettivamente) dall'economia normativa (come le cose dovrebbero essere). In realtà, su molti degli argomenti macroeconomici di cui scrivo è evidente che tantissimi economisti non riescono a fare questa distinzione: non vedono di buon occhio un governo interventista per ragioni politiche e questo li spinge a proporre argomentazioni insostenibili per spiegare che gli stimoli di bilancio non possono funzionare e gli stimoli monetari sono una catastrofe.

Ma non voglio parlare di macroeconomia, bensì di moneta: e nello specifico del bitcoin, la moneta virtuale. Finora del bitcoin si è parlato quasi unicamente in termini di economia positiva (può davvero funzionare?). E devo dire che al riguardo rimango fortemente scettico. Per avere successo, una moneta deve essere al tempo stesso un mezzo di scambio e un mezzo di tesaurizzazione ragionevolmente stabile.

L'economista Brad DeLong lo ha spiegato qualche giorno fa in un articolo online per il Washington Center for Equitable Growth: «L'oro è prezioso perché se tutto il resto viene meno puoi usarlo per fare cose belle. I dollari sono preziosi perché (a) puoi usarli per pagare le tasse al governo americano e (b) la Federal Reserve ha promesso di ricomprarli ed estinguerli se il loro valore reale inizia a calare a un ritmo (nettamente) superiore al 2 per cento annuo».

Così continua DeLong: «Il tetto al valore dell'oro è rappresentato dalla tecnologia estrattiva e dalla prospettiva che se il prezzo dovesse salire inopinatamente per lungo tempo, se ne produrrebbe molto di più. Il tetto al valore del dollaro è rappresentato dal ruolo della Federal Reserve come fonte della moneta e dal suo impegno a non consentire la deflazione. Il tetto al valore del bitcoin è rappresentato dalla tecnologia informatica e dalla forma della funzione hash fino al raggiungimento del limite di 21 milioni di bitcoin: il tetto al valore del bitcoin c'è, quello che non c'è è il fondo».

Mi è capitato e mi capita di scambiare opinioni con esperti di tecnologia entusiasti del bitcoin, ma ogni volta che cerco di farmi spiegare perché la moneta virtuale sarebbe un mezzo di tesaurizzazione affidabile, rispondono sempre illustrandomi la sua straordinaria importanza come mezzo di scambio. Anche se fossi convinto di questo (e non lo sono, non del tutto), il mio problema resta. E non riesco a convincere i miei interlocutori che si tratta di due questioni distinte.

In ogni caso, come dicevo, tutte queste sono discussioni che affrontano la questione nell'ottica dell'economia positiva. E riguardo all'economia normativa? Andate a leggere quello che scrive lo scrittore di fantascienza Charlie Stross in un post online (bit.ly./lilUGqg): «Il bitcoin sembra progettato come un'arma destinata a colpire le banche centrali che emettono moneta, in omaggio a obiettivi politici ispirati all'ultraliberismo: lo scopo è limitare la capacità degli Stati di riscuotere le tasse e monitorare le transizioni finanziarie dei loro cittadini».

A Stross questi obbiettivi non piacciono, e non piacciono nemmeno a me, ma mi sforzo di non lasciare che influenzino, in un senso o nell'altro, la mia analisi sulla fattibilità del bitcoin (l'economia positiva del bitcoin). Il sospetto, però, è che molti fan della moneta virtuale la vedano così di buon occhio, come ha scritto Stross, proprio perché «tocca le corde a cui sono più sensibili».

E allora discutiamo di entrambe le cose: se il bitcoin sia o non sia una bolla e se il bitcoin sia o non sia una buona cosa. Anche per essere sicuri di non confondere le due questioni.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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