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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2014 alle ore 12:59.
L'ultima modifica è del 17 gennaio 2014 alle ore 07:40.

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Le decisioni che saranno assunte in sede europea, il 22 gennaio, sugli obiettivi climatici ed energetici europei al 2030 non devono penalizzare il sistema produttivo italiano. È la richiesta avanzata dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che, in una lettera inviata al premier Enrico Letta, ha bocciato la possibilità di ridurre le emissioni di gas serra del 40% a livello domestico, spiegando che si tratta di un obiettivo difficilmente realizzabile.

Squinzi contro la lettera congiunta di alcuni ministri europei dell'Ambiente
«Riteniamo - scrive Squinzi - che la presa di posizione contenuta nella lettera congiunta inviata da alcuni ministri europei dell'Ambiente, tra i quali quello italiano, alla Commissione europea a sostegno di un ambizioso obiettivo vincolante di riduzioni di emissioni di gas serra del 40% a livello domestico, non possa rappresentare la posizione del governo italiano».

Le imprese italiane rischiano di essere ulteriormente penalizzate
Secondo il leader degli industriali, i nuovi obiettivi posti in materia di riduzione delle emissioni, sviluppo delle fonti rinnovabili ed efficienza energetica, «rischiano di penalizzare ulteriormente le imprese italiane». Imprese già danneggiate, continua Squinzi, dagli impatti diretti e indiretti del Pacchetto 20-20-20, e ciò «a fronte della perdurante assenza di un accordo globale vincolante che stabilisca condizioni paritarie tra le industrie concorrenti a livello internazionale».

Sostenere la competitività delle aziende
Secondo il presidente di Confindustria, dunque, quello che serve è un sostegno alle imprese. «Auspichiamo che le decisioni che saranno assunte in sede europea in merito, diano un segnale di sostegno alla competitività dell'industria e non penalizzino il sistema produttivo italiano», continua Squinzi.

Il fardello del costo dell'energia
Nella lettera Squinzi ricorda che saranno ridiscusse alcune misure di protezione per i settori sottoposti all'Emissions Trading Scheme «che competono a livello globale e sono maggiormente esposti al rischio odi delocalizzazione». Una revisione che - osserva - in un momento di instabilità economica «destabilizzerà gravemente gli investimenti già effettuati dalle imprese e aumenterà i costi complessivi di queste politiche». E tutto questo a fronte di un prezzo e costo dell'energia «molto più elevato rispetto alle altre aree economiche del mondo».

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