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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2014 alle ore 13:39.
L'ultima modifica è del 21 gennaio 2014 alle ore 13:49.
L'aggancio alla vetta della classifica è arrivato, dopo aver asfaltato Brindisi che sul trono da sola s'è seduta per appena una settimana. E intanto continua il cammino in Eurolega, mentre alle porte s'affacciano le Final Eight di Coppa Italia, da giocarsi tra il 7 e il 9 febbraio sul parquet amico del Forum d'Assago, quest'anno spesso pieno – tra campionato ed Europa – come ai tempi belli. E allora la domanda che Milano e il nostro basket si fanno non solo è spontanea, ma anche pienamente legittima: per l'Olimpia è l'anno buono per tornare a quello scudetto che manca ormai dal palmares milanese dal lontano 1995-96? La risposta è sì, e cerchiamo di capire i perché.
1) L'implosione di Siena – Motivo che certo non ci attirerà le simpatie dei tifosi milanesi, ma tant'è. Come accaduto innumerevoli volte nella storia dello sport, la nascita di un nuovo ciclo si ha a fronte del tramonto di un altro. Stavolta, l'oscuramento di Siena (che però, val la pena ricordarlo, è ancora detentrice di Coppa Italia e scudetto) coincide con le difficoltà del Monte dei Paschi e il suo conseguente prossimo disimpegno da quel basket che per più di un decennio è stato il vero emblema della città. Milano ha saputo approfittarne, prendendo il meglio dalla rivale storica (coach Banchi, poi Moss, Hackett, Kangur). Sia chiaro un concetto però: l'Olimpia non ha"rubato" nulla, ma svolto semplicemente il suo ruolo di top-club, cui Armani ha prima garantito salvezza (quando il futuro dei milanesi era parecchio nebuoloso….) e poi solidità economica ad alto livello.
2) L'arrivo di Luca Banchi – È il vero innesto vincente di quest'anno (insieme allo sbarco di Hackett, dopo la prima fase d'Eurolega, in cabina di regia). Sì, perché il coach fresco di tricolore a Siena dopo tante stagioni da "secondo" di Simone Pianigiani sempre alla Mens Sana, ha portato un mix efficace di stile "da big" e voglia di vincere (e lavorare) da provinciale. Tutto quello che all'Olimpia era mancato sotto la gestione di un "top-coach" come Sergio Scariolo. Basti guardare come è cambiato, da un anno all'altro, il rendimento di Langford, più volte la scorsa stagione a rischio taglio e quest'anno cuore dell'attacco biancorosso.
3) Chiarezza societaria – Scelte tecniche centralizzate da quest'anno sull'asse Banchi – Portaluppi, col presidente Livio Proli che è snodo essenziale tra club e proprietà, ma resta un passo indietro il parquet. Scelta che finora sta pagando, evitando sovrapposizioni di ruoli e di scelte.
4) L'estate azzurra di Melli e Gentile – L'aver lavorato un'intera estate in Nazionale con coach Pianigiani e l'aver disputato un Europeo in Slovenia da protagonisti ha pesato in maniera considerevole sulla crescita dei due talenti di casa Olimpia. I risultati in campo si stanno vedendo, anche in termini di leadership, con Gentile che sta maturando gara dopo gara nel difficile doppio ruolo di stella e capitano più giovane di sempre nella storia di Milano.
5) Effetto-Forum – Da anni Milano non vedeva una media di 8mila spettatori per le sue gare interne (e per le gare con Real Madrid e Olympiacos anche quota Ottomila è stata abbondantemente superata….). Merito della squadra per i risultati e l'atteggiamento sul parquet, della società per la rete che è stata capace di ricreare con tanti punti vitali della città (i settori giovanili, le scuole, il tifo organizzato). Comunque vada a finire l'annata, è questo il vero patrimonio che la "nuova" Milano deve dimostrarsi capace di non disperdere.
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