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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2014 alle ore 12:04.
L'ultima modifica è del 22 gennaio 2014 alle ore 16:15.

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Sale la tensione nel Pd. Anche se il segretario Matteo Renzi continua a dirsi disinteressato alla partita del Letta bis o del mini-rimpasto, un colpo deciso all'esecuto viene oggi da Deborah Serracchiani, membro della segreteria del Narareno, che ha apertamente chiesto la testa del ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato (bersaniano) per la vicenda dello stabilimento Electrolux.

Serracchiani: Zanonato dovrebbe dimettersi. Il ministro: polemiche dannose
«Nella gestione della crisi Electrolux il ministro Zanonato ha dimostrato di non avere l'equilibrio necessario per ricoprire il suo delicato incarico: dovrebbe dimettersi», ha affermato la presidente del Friuli Venezia Giulia, commentando la dichiarazione del ministro secondo cui i problemi e le difficoltà del gruppo svedese riguarderebbero solo lo stabilimento di Porcia (Pordenone) e non quello di Susegana (Treviso). Il ministro ha replicato su twitter: «La mia nota a Zaia dice il contrario di quanto ha inteso la Serracchiani. Mi concentro su Porcia, le polemiche sono dannose».

Salvini: dalla Lega mozione di sfiducia a Zanonato
La Lega è intervenuta nella polemica. «La signora presidente Serracchiani, Pd, ha appena chiesto le dimissioni del signor ministro Zanonato, Pd. Se questo casino é il "nuovo" di Renzi... Ps: la Lega presenta subito una mozione di sfiducia», ha scritto su twitter Matteo Salvini, segretario del Carroccio.

Rischio scissione
Il conflitto Serracchiani-Zanonato è un altro fronte aperto in un partito che deve ancora metabolizzare le dimissioni di Gianni Cuperlo dalla presidenza. Malgrado la bersaniana Paola De Micheli si affretti a dire che il rischio di scissione non esiste, nell'atmosfera «da resa dei conti surreale» (copyright Pippo Civati) resta tutto da capire lo sviluppo della rottura dentro il Pd dopo l'addio fragoroso di Gianni Cuperlo. Se, e soprattutto in quali modi, le tensioni ancora non sopite potranno scaricarsi sulla legge elettorale al momento del passaggio parlamentare ormai imminente. Del resto le insidie davanti al percorso della riforma non sono poche, a cominciare dalla consistenza numerica dell'opposizione interna al neosegratario democratico in commissione Affari costituzionali della Camera, dove nel pomeriggio approderà l'Italicum.

Renziani in minoranza in commissione
Come ha messo in evidenza Il Sole 24 Ore, qui Renzi è in minoranza rispetto ai cuperliani tredici a otto e il timore (non dicibile) che si fa strada in alcuni dei suoi fedelissimi, nonostante l'atteggiamento fiducioso dello stesso rottamtore, è che la mano ferma tenuta in direzione (sull'intero pacchetto concordato con Silvio Berlusconi) potrebbe trasformarsi in un successo limitato al primo tempo della partita. Anche al Senato, snodo cruciale per la riforma che alle modifiche al sistema di voto aggiunge superamento del bicameralismo paritario e Titolo V, qualche scricchiolio si fa sentire. Per esempio Doris Lo Moro, capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama, non ha escluso sue dimissioni dall'incarico se la legge elettorale dovesse arrivare blindata alla discussione. «Perché per essere capogruppo bisogna credere in quello che si fa, bisogna convincere gli altri e quindi essere fortemente convinti».

L'altolà di Vendola all'Italicum
Un'ulteriore grana non irrilevante viene dall'altolà venuto stamattina da Nichi Vendola che pure era sembrato sinora muoversi in sintonia con Renzi. Se non cambia «voteremo contro l'Italicum», ha annunciato il presidente di Sel, concentrando le critiche proprio sull'atteggiamento «inaccettabile del prendere o lasciare». Per di più, senza alcun riferimento all'ineleggibilità per conflitto di interessi, per Vendola la sintonia tra i leader di Pd e Forza Italia rischia di trasformarsi in un «valzer con il Caimano».

Nuova direzione Pd la prossima settimana
Intanto al largo del Nazareno si è tenuta la riunione settimanale della segreteria dem. Prima di dare il via al pacchetto di proposte da presentare al governo in vista del patto di coalizione «Impegno 2014» la prossima settimana sarà convocata una nuova direzione. Nessuno dei presenti si è sbilanciato sulle intenzioni di Renzi rispetto a profilo e nomi del nuovo presidente. I nomi di cui si discute sono l'ex segretario Guglielmo Epifani considerato uomo di garanzia, la bersaniana Barbara Pollastrini, e la prodianissima-civatiana Sandra Zampa. Bisognerà aspettare invece sul jobs act preannunciato settimane fa e la cui elaborazione definitiva non è ancora alle porte.


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