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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2014 alle ore 07:00.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:48.

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«Non dobbiamo crocifiggere l'umanità a un croissant d'oro». È la risposta (via mail) dell'economista Alan Taylor alla decisione del presidente francese Hollande di sposare la legge di Say (Hollande ha detto letteralmente che «l'offerta crea la domanda» e di adottare politiche offertiste. La cosa incredibile, al di là delle sventure di Hollande, è il pessimismo estremo che avviluppa la classe dirigente francese. Verrebbe da pensare che la Francia sia un Paese disastrato: ma le cifre, anche se non sono buone, non sono così drammatiche.
Partiamo dal tasso di crescita dal momento dello scoppio della crisi: come se l'è cavata la Francia nel contesto europeo? Non bene quanto la Germania, questo è evidente. Ma se la si compara ad altri Paesi (anche escludendo quelli indebitati e in difficoltà), emerge una performance discreta.

E il calo della competitività? La Francia ha registrato un costante disavanzo nella bilancia delle partite correnti, ma è un disavanzo contenuto.
Anche la situazione dei conti pubblici francesi appare tutt'altro che preoccupante, se si eccetta il fatto che il Governo di Parigi ha ridotto eccessivamente il disavanzo strutturale in una situazione di debolezza dell'economia. I mercati dei titoli di Stato, che erano stati presi dal panico nella fase più nera della crisi dell'euro, non sembrano granché preoccupati da questo punto di vista.
Detto questo, è indiscutibile che l'economia francese ha arrancato. Perché? L'economista Francesco Saraceno sostiene che il problema è la domanda, non l'offerta. Anche i dati sull'inflazione supportano la sua tesi.

La Francia, come gran parte dell'Europa, flirta con la deflazione e corre il rischio di cadere in uno scenario simile a quello del Giappone. E mentre un rapporto del Fondo monetario internazionale cerca di scaricare la colpa almeno in parte sull'"incertezza", la conclusione resta che le politiche di rigore giocano un ruolo molto rilevante.
Le cose non vanno bene. Ma non si capisce perché la classe dirigente francese si sia lasciata convincere così facilmente a operare una drastica svolta a destra mentre in casi molto peggiori, come Finlandia e Paesi Bassi, l'establishment continua incrollabile a ritenere che più la situazione peggiora più ci si debba dar da fare per infliggere ulteriori sofferenze.
Crisi dorate

Molti hanno fatto notare che il sistema dell'euro ha funzionato, sotto molti aspetti, come il "sistema aureo", riproducendo quelle "catene d'oro" che per molti storici dell'economia hanno giocato un ruolo importante nella propagazione della Grande Depressione.
Tutta questa discussione ha inaugurato un periodo d'oro per la storia economica: la storia non è mai stata così utile per capire gli eventi attuali.
In un articolo dell'Economist', l'economista Kevin O'Rourke ha ripercorso la storia del sistema aureo nel momento del suo apice, prima del 1914, sottolineando che anche nelle condizioni favorevoli dell'epoca il funzionamento del sistema, nei periodi di inflazione, era appena passabile. Ragione di più, come scrive O'Rourke, perché i leader Ue farebbero bene a essere allarmati per lo scivolamento della economia verso una complessiva deflazione.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

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