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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2014 alle ore 08:18.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:49.

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(Foto: Gianni Schicchi)(Foto: Gianni Schicchi)

Non è facile fare impresa quando per dieci mesi la propria attività viene compromessa da una ventina di facinorosi che bloccano di fatto le operazioni di uno tra i principali player dell'agroalimentare italiano, da cui dipende il reddito di 2.100 famiglie e una filiera di almeno 10mila persone.

È quanto sta accadendo al gruppo Granarolo, che attraverso investimenti e acquisizioni è riuscito a chiudere, in un mercato asfittico, un altro bilancio in crescita (dai 923 milioni di fatturato 2012 al miliardo previsto per il 2013, con un'ottantina di dipendenti in più), ma sta perdendo ora centinaia di migliaia di euro per le proteste e i picchetti, davanti allo stabilimento di Cadriano, di un gruppo di facchini licenziati la scorsa primavera da una coop che, in subappalto, lavorava nella piattaforma logistica di Granarolo.

I facchini, supportati da Si Cobas e dai militanti di un centro sociale, hanno manifestato ogni settimana davanti allo stabilimento, a partire dalla scorsa primavera (179 denunce a loro carico solo tra maggio e ottobre 2013) e negli ultimi giorni hanno intensificato le proteste davanti ai cancelli del gruppo alimentare, impedendo agli automezzi di portare all'interno le cisterne di latte dei mille allevatori della filiera Granarolo, e di uscire con i prodotti finiti da consegnare alla rete distributiva. Chiedono di essere riassunti, anche se a licenziarli non è stata Granarolo e neppure la società che ha direttamente in gestione la logistica, Ctl. Anzi, dopo i disordini dello scorso maggio, la stessa Ctl aveva risolto il contratto di subappalto con la coop dei facchini Sgb (che aveva tagliato i salari del 35%, scatenando le proteste), ma poi ricontrattualizzato direttamente gli 80 facchini impegnati nella piattaforma e non i 23 considerati «violenti e inaffidabili».

«Ce la prendiamo con il gruppo di Cadriano perché tutta la gestione dei lavoratori e dell'organizzazione del facchinaggio è sempre partita da lì», spiegano i facchini. Il fatto è che l'anno scorso un'intesa firmata dall'ex prefetto di Bologna e sottoscritta anche da Legacoop (che ieri ha espresso solidarietà alla Granarolo e ai suoi soci, per voce del presidente Giuliano Poletti) si impegnava a ricollocare gli addetti licenziati. Solo nove di loro, però, sono stati riassorbiti. L'incancrenirsi della situazione ha spinto il presidente di Granarolo, Giampiero Calzolari, a denunciare due giorni fa, sui quotidiani bolognesi, le «ingiuste violenze subite da dieci mesi» e chiedere alle istituzioni «di porre fine a questo stato di cose e ripristinare la legalità».

Calzolari non rilascia dichiarazioni, ma sta valutando azioni legali per il risarcimento dei danni «ingenti» che sta subendo, tra materie prime deperite e produzione andata in fumo. Senza contare minacce personali, anche fisiche, e attacchi informatici del sito web Granarolo rivendicato da Anonymous. Situazione di fronte alla quale il gruppo si sente solo parte lesa e che, secondo i sindacati, potrebbe far scattare la cassa integrazione per 200 addetti della logistica. «Noi – ripete Calzolari – non abbiamo mai licenziato nessuno».

Il braccio di ferro di cui fa le spese Granarolo ha ora anche un risvolto giudiziario. Due manifestanti, delegati dei Cobas, sono stati arrestati giovedì scorso mentre protestavano davanti al quartier generale bolognese, con l'accusa di violenza privata aggravata e resistenza aggravata. Imputazione contestata ieri dal legale dei facchini, Marina Prosperi, che all'udienza di convalida ha prodotto quattro filmati che potrebbero smentire la versione delle forze dell'ordine e della Procura. Un epilogo (il giudice si è riservato di visionare i filmati prima di pronunciarsi sulla convalida dell'arresto) che accentua la tensione. E di fronte al quale il prefetto Ennio Maria Sodano si è detto pronto a riaprire le trattative con i manifestanti, ma solo se si fermeranno le violenze.

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LA VICENDA
Il braccio di ferro
Lo scontro tra i facchini della Ctl (società che gestisce la piattaforma logistica di Granarolo) e il gruppo ha inizio lo scorso maggio, dopo che Ctl aveva dato in subappalto il facchinaggio a un'altra coop, che a sua volta aveva tagliato gli stipendi del 35%. Dopo le proteste, Ctl aveva internalizzato 80 facchini, ma non i 23 protagonisti degli scontri
Dopo mesi di manifestazioni a cadenza settimanale, giovedì scorso le proteste si sono riaccese. I facchini licenziati sono appoggiati da Si Cobas, che venerdì ha annunciato lo stato di agitazione per denunciare la reazione delle forze dell'ordine, che giovedì hanno arrestato due delegati sindacali e, secondo i lavoratori, usato violenza. Ieri
il prefetto di Bologna, Ennio Mario Sodano, ha aperto al dialogo. Mentre la Procura ha chiesto il carcere per i due arrestati

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