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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2014 alle ore 08:18.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:50.

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Sono state rimosse nel primo pomeriggio di ieri le scritte comparse la mattina su alcuni muri di Roma contenenti nuove odiose frasi antisemite e svastiche naziste. Ieri era il Giorno della Memoria, in cui si ricorda la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico.

E la risposta delle istituzioni italiane, tutte, è stata ferma. Gli insulti e le minacce contro la sinagoga di Roma e altri luoghi della comunità ebraica sono «una miserabile provocazione» ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, durante la celebrazione al Quirinale, davanti alle massime autorità dello Stato e ai rappresentanti delle comunità ebraiche e delle associazioni degli ex internati e deportati. «Lasciate innanzitutto - ha detto Napolitano all'inizio del suo discorso - che io sbarazzi subito il campo dalla miserabile provocazione che è stata appena tentata contro tutti noi. Gli autori, che spero possano essere rapidamente individuati, di un insulto assimilabile solo alla stessa ripugnante materia usata in quei pacchi - ha aggiunto il presidente della Repubblica riferendosi alla testa di maiale recapitata alla sinagoga venerdì - non hanno nulla a che vedere con la Roma e i romani che per sentimento umano e civile, consapevolezza democratica, educazione e cultura, sono fraternamente accanto agli uomini e donne di origine e religione ebraica, stringendosi ad essi in un abbraccio di solidarietà e in un impegno di lotta rigorosa contro ogni forma di antisemitismo».

Parole commosse e non rituali, rafforzate dal capo dello Stato in un concetto-guida: «La Memoria si tutela al meglio e si difende nel modo migliore privilegiando le armi della cultura e dell'istruzione» ha detto Napolitano citando le parole del presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei), Renzo Gattegna, che ha «altamente apprezzato» per sottolineare la sua condivisione rispetto al tema dell'antisemitismo e dell'antirazzismo. Gattegna ha sottolineato che i ragazzi che hanno conosciuto i sopravvissuti alle deportazioni e ai lager possono diventare «testimoni a loro volta, avendo parlato coi testimoni veri. Aiuta a non disperdere il patrimonio di conoscenza che molti negazionisti vorrebbero fare, esattamente come hanno fatto i nazisti. Uccidere una seconda volta, facendo sparire non solo le persone ma anche la cultura e il ricordo, e questo è inaccettabile». Per il presidente del Consiglio, Enrico Letta, «il dovere della memoria non si conclude col Novecento: oggi tocca alla mia generazione, nata dopo la seconda guerra mondiale, fare tesoro delle testimonianze dei sopravvissuti, difendere la verità storica, e soprattutto educare i giovani a non rimanere mai più indifferenti».

Ma sono gli episodi degli ultimi giorni a Roma a segnare in parte questa giornata, di dolore e memoria: le manifestazioni di antisemitismo sono gesti «balordi, ma isolati e questo è il segnale positivo», per quanto la violenza e l'aggressività restino, al giorno d'oggi, una minaccia nei confronti di «chiunque percepito come diverso, non solo di noi ebrei» ha detto Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma. E poi un deciso appello del presidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, per l'approvazione della legge sul negazionismo, di cui tra pochi giorni inizierà l'iter al Senato.
Ma la memoria può avere molti percorsi, anche più nascosti. Come quello segnalato su "Daf Daf", il mensile per bambini di Pagine Ebraiche, dove si parla degli incontri al centro ebraico romano Il Pitigliani dedicati alle Memorie di Famiglia, progetto collegato alla Giornata della Memoria. L'idea è trasmettere ai più giovani storie di persecuzione, di morte, ma anche di salvezza. Storie nascoste rimaste nei cassetti, e che oggi tornano alla luce.

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