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Questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2014 alle ore 08:05.
L'ultima modifica è del 31 gennaio 2014 alle ore 10:21.

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Non solo Fiat. La scelta di avere una doppia residenza è un fenomeno che sta prendendo sempre più piede a livello internazionale. Da un lato la tutela di marchi e brevetti e leggi societari che consentono una maggiore flessibilità di operazioni. Dall'altro, il tentativo di un regime fiscale più vantaggioso. Si può quindi avere la residenza ai fini fiscali in un Paese diverso da quello in cui la società ha la sede legale, beneficiando ad esempio di sistemi societari più flessibili, di mercati dei capitali più convenienti o di piazze finanziarie più dinamiche mantenendo i benefici fiscali concessi da un diverso Stato. Ciò a patto che la localizzazione nel Paese che concede i benefici fiscali sia effettiva in termini di struttura e di persone che vi lavorano. Tra gli Stati prescelti dalle società spesso vi sono i Paesi Bassi per la sede legale e il Regno Unito per la residenza fiscale.

Perché conviene la sede legale in Olanda
Tra i vantaggi di avere la sede legale in Olanda vi sono la possibilità di beneficiare di un'economia stabile e affermata e di una politica commerciale e di investimenti tra le più aperte al mondo. Il diritto societario olandese è inoltre estremamente flessibile e consente innovative operazioni sul capitale. Anche le norme sulla protezione di marchi e brevetti sono all'avanguardia. L'Olanda, al contrario del Regno Unito, ha poi il vantaggio (per così dire) di utilizzare come moneta l'euro.

Residenza fiscale conveniente nel Regno Unito
Il Regno Unito, invece, sta attuando un programma di riduzione dell'imposizione fiscale che, a detta del Governo inglese, mira a far diventare il Regno Unito come «il miglior posto al mondo dove localizzare un'attività internazionale». L'aliquota fiscale sulle società è progressivamente passata dal 28% del 2010, al 21% nel 2014, e scenderà al 20% nel 2015, ben al di sotto della media europea. Anche a livello di fiscalità internazionale, il Regno Unito garantisce un'ampia rete di trattati contro le doppie imposizioni e nessuna ritenuta alla fonte sui dividendi distribuiti (le società inglesi funzionano bene quindi anche per gli investimenti negli Stati Uniti). Inoltre il Governo del Regno Unito ha anticipato che non intende aderire al programma di tassazione consolidata su base europea proposto a livello Ue.

Le regole da seguire

Ma come è possibile avere una doppia residenza? Mentre la residenza legale è un criterio di regola formale, individuabile nel luogo in cui la società ha la propria sede legale, la residenza fiscale può dipendere da diversi fattori. In linea di principio, la residenza fiscale si individua nel Paese in cui una società ha stabilito la sede legale, ma vi possono essere alcune eccezioni. Infatti, numerosi Paesi considerano residente fiscalmente una società non solo se ha nel proprio territorio la sede legale, ma anche ad esempio se vi ha il centro di direzione effettiva degli affari, o se nel Paese vi è l'oggetto principale dell'attività della società. Quando due Stati assumono criteri similari per stabilire la residenza fiscale, potrebbe accadere che una società si trovi ad essere considerata fiscalmente residente in due Paesi diversi. I trattati contro le doppie imposizioni mirano a dirimere tali controversie, che potrebbero generare una doppia tassazione in capo alla società. Nel caso di Paesi Bassi e Regno Unito, la Convenzione contro le doppie imposizioni firmata dai due Stati prevede che la residenza fiscale (e quindi il potere impositivo di tassare i redditi della società) sia assegnata allo Stato dove è stabilito il centro di direzione effettiva (indipendentemente quindi da dove sia la sede legale).
Ecco dunque che una società con sede legale ad Amsterdam, ma centro di direzione effettiva a Londra, avrà in Olanda la propria residenza legale, ma sarà considerata fiscalmente residente nel Regno Unito (è possibile anche attivare un procedura amichevole tra i due Stati per giungere a tale conclusione).

La tassa d'uscita
Il rovescio della medaglia è che, quando uno Stato è obbligato a rinunciare al proprio potere impositivo in favore di un altro Stato, considera il cambio di residenza fiscale come una cessione a un altro soggetto dei beni societari, applicando un'(ultima) imposizione sulle plusvalenze latenti che si considerano realizzate all'atto del trasferimento all'estero. È la cosiddetta «exit tax» che viene applicata da molti Paesi per evitare di perdere definitivamente la potestà impositiva su redditi prodotti nel passato nel proprio territorio, ma che normalmente sono tassati solo al momento del loro realizzo effettivo, e quindi saranno tassati nell'altro Paese. Ciò a meno che nello Stato di partenza si "lasci" una stabile organizzazione, ovvero un'entità ancora assoggettata a tassazione per i redditi prodotti nello Stato ove è ubicata.

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