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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2014 alle ore 09:10.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 12:00.

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Un "Manifesto delle città metropolitane italiane". Per affermare che sono il motore delle economie nazionali e che, una volta istituite, potranno realizzare interventi incisivi per la competitività del territorio, dall'attrazione di investimenti alla realizzazione di aree produttive, poli tecnologici, utilizzare al meglio i fondi europei. Ma non solo: questa forma di governo sovracomunale dovrà essere soprattutto un'occasione per modernizzare la Pubblica amministrazione, e rispondere con una struttura snella ed efficiente a bisogno di imprese e cittadini di una burocrazia più efficiente.

È l'impegno della Rete delle associazioni industriali metropolitane, il network realizzato da dieci associazioni territoriali di Confindustria che hanno preparato il Manifesto per sottolineare la necessità di istituire le città metropolitane, non come sostituzione automatica delle province, ma per far nascere una governance innovativa, snella ed efficace. Evitando che la cornice legislativa sia l'occasione per creare un ulteriore livello politico e amministrativo.

Le città metropolitane hanno assunto un ruolo sempre più rilevante nella geografia economica globale. E le dieci associazioni confindustriali delle aree metropolitane chiedono un avvio «contemporaneo e tempestivo» di tutte le città metropolitane italiane. La questione è di stretta attualità, con la discussione del disegno di legge Delrio, che dovrebbe snellire le province e definire il ruolo delle città metropolitane.

Un'occasione da non perdere, per i presidenti delle dieci associazioni territoriali della Rete, che sono Assolombarda, Confindustria Bari e Barletta-Andria-Trani; Confindustria Firenze; Confindustria Genova; Confindustria Reggio Calabria; Confindustria Venezia; Unindustria Bologna; Unindustria Roma, Frosinone, Latina, Rieti, Viterbo; Unione industriali di Napoli; Unione industriale di Torino. C'erano tutti giovedì mattina a Firenze, alla presentazione del Manifesto. Un evento aperto dal sindaco, Matteo Renzi, che ha rilanciato la necessità della riforma e l'importanza del ruolo delle città.

Quali sono le priorità e le aspettative del mondo produttivo? Le città metropolitane italiane dovranno essere un motore di programmazione e pianificazione strategica, all'altezza delle migliori esperienze europee, e quindi Barcellona, Lione, Monaco, Stoccolma, Amsterdam, capaci di individuare risorse, tempi, soggetti e modalità attuative dei progetti, con una visione condivisa dello sviluppo.

È la visione di Benjamin Barber, politologo americano, che a questo tema da dedicato libri e conferenze: le città come istituzioni, culla della democrazia, capaci di reagire alle sfide globali e di spingere la crescita meglio degli Stati-nazione, istituzioni ormai arcaiche. L'ha ripetuto alla platea di imprenditori e amministratori, a Firenze: le metropoli sono il luogo dove vive il 78% della popolazione dei paesi sviluppati e si genera l'80% del pil mondiale.

«Il rilancio economico del paese sarà necessariamente trainato dal sistema delle aree metropolitane. Il nostro piano Far volare Milano nasce proprio con lo scopo di favorire la sua trasformazione in città metropolitana», è il parere di Gianfelice Rocca (Assolombarda). Una priorità nazionale, quindi, dal Nord al Sud: «Dobbiamo dare un assetto efficiente al territorio e al suo sistema imprenditoriale. Nelle zone industriali esistono problemi di manutenzione, trasporti, servizi. I comuni interessati sono cinque, è complicato trovare l'intesa», dice Angelo Michele Vinci (Bari e Barletta-Andria-Trani). L'assetto di città metropolitana come occasione di rilancio: «Venezia corre il rischio di trasformarsi in una città vetrina. Come città metropolitana può esaltare il ruolo di motore del turismo nazionale e di hub logistico Europa-Mediterraneo», commenta Matteo Zoppas (Venezia).

«Siamo convinti che questa possa diventare la riforma delle riforme, Roma può diventare una megacity come Londra e Parigi ma è fondamentale il raccordo con le altre province del Lazio», sottolinea Maurizio Stirpe (Unindustria).
Alberto Vacchi (Bologna) fa un esempio concreto dei disequilibri locali: «Le nostre imprese nello stesso contesto provinciale sono soggette a regolamenti, tassazioni e normative che cambiano da comune a comune, sui rifiuti per i capannoni industriali lo scarto è da +23 a -11 rispetto al 2012».

Sono importanti i tempi: «L'agenda pubblica deve andare in parallelo con quella delle imprese. I territori sono fondamentali per la catena del valore», sottolinea Simone Bettini (Firenze). Il provvedimento Delrio rischia però di di non snellire ma anzi creare un nuovo livello burocratico. Le aree metropolitane potrebbero arrivare ad oltre venti. «Va modificato, ma comunque è meglio avere qualcosa, da rimettere a punto in seguito, rispetto al niente», è la convinzione di Paolo Graziano (Napoli). Le problematiche esistono, e le ha elencate Giuseppe Zampini (Genova), che mercoledì a Firenze si è soffermato sui principali problemi da affrontare in termini di organizzazione, costi e funzioni della città metropolitana.

Nelle città metropolitane italiane, ha detto Licia Mattioli (Torino), si concentra il 36% del pil, il 35% degli occupati, il 32% degli italiani e il 34% della popolazione straniera. Deve intanto fare i conti con il commissariamento Andrea Cruzzocrea (Reggio Calabria): a maggio o in autunno ci saranno le elezioni, racconta. Solo dopo questo passaggio si potrà realizzare l'area metropolitana necessaria per superare le inefficienze amministrative del territorio e puntare al rilancio.

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