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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2014 alle ore 11:23.
L'ultima modifica è del 16 febbraio 2014 alle ore 11:13.

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In Italia serve «meno burocrazia per rilanciare la crescita». Basterebbe infatti un aumento dell'efficienza della Pa dell'1% per generare «un incremento del Pil dello 0,9%». Lo sottolinea una nota del Centro Studi Confindustria. L'Italia, spiega il CsC, «è sistematicamente in posizioni arretrate nelle classifiche internazionali sul contesto amministrativo in cui operano le imprese. Ciò riduce gli investimenti, non solo dall'estero, e la capacità del Paese di crescere. Inoltre, una seria riforma della burocrazia «deve cominciare con l'abbattimento dei costi della politica», perché «si può risparmiare fino a 1 miliardo tagliando i costi della Camera».

Con aumento 1% efficienza Pa, Pil sale dello 0,9%
Una riduzione dell'1% dell'inefficienza della Pa è associata dal CsC a «un incremento dello 0,9% del livello del Pil pro-capite» e a «un aumento dello 0,2% della quota dei dipendenti in imprese a partecipazione estera sul totale dell'occupazione privata non-agricola». Occorre sciogliere perciò i nodi della burocrazia: «troppe e complesse regole, tempi di risposta lunghi e incerti, costi insostenibili della macchina pubblica, anche della politica, imbrigliano lo sviluppo, soprattutto delle aziende più dinamiche».

Inefficienza problema strutturale
L'inefficienza dell'amministrazione pubblica e dei processi decisionali a qualunque livello di governo, si legge nello studio, «influenza, con intensità diversa ma sempre elevata, la competitività dell'Italia in tutte le comparazioni internazionali. E rappresenta un problema strutturale. L'attrattività degli investitori esteri ma anche lo slancio degli imprenditori italiani a intraprendere nuove iniziative sono fortemente condizionati dal numero e dalla complessità delle pratiche amministrative, dai tempi e dai costi necessari al loro svolgimento. L'inefficienza della Pa influenza ogni ambito della vita sociale ed economica del Paese, ostacolandone la crescita e creando un enorme svantaggio competitivo». Per questo è «urgente la necessità di misure di semplificazione che puntino alla sburocratizzazione della Pa».

Italia indietro nelle classifiche sulla competitività
Non a caso, secondo il Global Competitiveness Index 2013-2014 del World Economic Forum l'Italia occupa il 49° posto nella classifica dei 148 paesi considerati. Fanno meglio i principali concorrenti: Germania (4°), Stati Uniti (5°), Regno Unito (10°), Francia (21°), Spagna (35°). Rispetto alla graduatoria precedente il Paese perde 7 posizioni, principalmente a causa dell'instabilità politica che ha incrementato l'incertezza e la sfiducia, oltre che per le consuete rigidità strutturali.

Risparmi per un 1 miliardo con il taglio dei costi della Camera
Una seria riforma della burocrazia, secondo Confindustria, «deve cominciare con l'abbattimento dei costi della politica. «Si può risparmiare fino a 1 miliardo tagliando i costi della Camera», sottolinea il CsC , considerando che in Italia la spesa per ciascun deputato (tenuto conto dello stipendio, ma anche dei rimborsi e delle spese di trasporto) «è 9,8 volte il Pil pro-capite, contro 6,6 nel Regno Unito».

Costo della politica a quota 2,5 miliardi nel 2012
I parlamentari italiani sono, in base alla dimensione dell'indennità in rapporto al Pil pro-capite «di gran lunga i più pagati d'Europa». E ciò fa pensare che «molto più facilmente si è portati a far politica per la carriera e l'arricchimento personale, più che per il bene comune». I costi della politica , intesa come organi legislativi ed elettivi, - indica lo studio - hanno toccato complessivamente i 2,5 miliardi di euro nel 2012. I tagli possibili sono numerosi. «Si può risparmiare fino a 1 miliardo riducendo del 30% l'indennità dei parlamentari, ridimensionandone il numero, riformando le loro pensioni e abolendo i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto, ma mantenendo la diaria (rimborso spese per l'esercizio del mandato parlamentare), oppure eliminandola e introducendo un tetto massimo alle spese rimborsabili».

Più di 7.700 società partecipate dalla Pa
«I costi della politica - prosegue il centro studi di Confindustria - ovviamente non si esauriscono con la remunerazione dei rappresentanti parlamentari e con il costo di funzionamento delle due Camere, ma ricomprendono anche tutte le altre istituzioni elettive (Comuni, Regioni, dando per abolite le Province) nonché quelle attività improprie svolte da una moltitudine di società partecipate dalla pubblica amministrazione (sono più di 7.700 e costano, in termini di ripiano delle perdite, circa 22 miliardi). E i cerchi del vivere di politica (anziché per la politica) si ampliano ulteriormente se si includono consulenze e assunzioni clientelari che pesano sui bilanci delle società pubbliche».

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