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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2014 alle ore 09:15.
L'ultima modifica è del 16 febbraio 2014 alle ore 09:41.

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(LaPresse)(LaPresse)

I tempi sono parte di un negoziato su cui si cominciano a misurare le forze in campo. Frenare lo sprint di Renzi è stata una prova di forza necessaria dei futuri alleati di Governo ma ha anche reso subito evidenti le difficoltà di una staffetta nata sulla spinta del cambiamento ma nella continuità di una coalizione politica.

Una staffetta nata sulla spinta del cambiamento e della discontinuità ma che nasce nelle stesse condizioni politiche di prima. Stessa maggioranza, stessa coalizione. Almeno per ora. E dunque quella discontinuità annunciata, quell'aspettativa del "cambiaverso" creata da Renzi va cercata in un'alchimia diversa di caselle ministeriali e di nomi. Prima ancora che nel programma visto che le priorità da molto tempo sono le stesse: lavoro e fisco, burocrazia e riforme istituzionali.

E dunque è nella squadra che Renzi deve giustificare il cambio a Palazzo Chigi. Deve però cercare la formula nuova in una prassi antica, quella di combinare le esigenze di tutti i partiti della coalizione e pure della minoranza Pd. Ed è qui la complicazione: non sembrare un Letta bis. Senza contare che da qualche anno questo lavoro di mediazione deve incrociare le esigenze dell'Europa che chiede nomi di garanzia da mettere in caselle come quella dell'Economia.
Dunque scalare la marcia per il leader Pd è stato necessario per la frenata degli alleati che non vogliono concedergli il vento a favore e per le oggettive difficoltà di creare la novità. Ne era consapevole il capo dello Stato quando ha detto che il premier incaricato «avrà bisogno di tutto il tempo necessario per consultazioni e intese».

È vero che il potere negoziale dei contraenti si esprime all'inizio, nel momento della formazione del Governo ma in questo caso c'è una diffidenza in più. E cioè il timore del partito di Alfano che Renzi possa – nel tempo – allargare la maggioranza e diluire il peso politico del Nuovo centro destra. Dunque gli equilibri vanno creati ora nel "bilancino" ministeriale. Si sa che i posti di peso sono quattro o cinque e sono dati da quei ministeri che sono ritenuti i più fruttuosi in termini di voti, soprattutto se c'è il sospetto che tra un anno si potrebbe già andare a elezioni. E questi sono tradizionalmente le Infrastrutture, la Sanità, l'Interno, lo Sviluppo economico, l'Istruzione. Lo è anche l'Economia ma ora chi lo guida risponde più alle esigenze di "affidabilità" che alle rivendicazioni dei partiti. È dunque in queste caselle che deve incarnarsi un cambiamento che è figlio di una stessa matrice politica.

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TAG: Renzi, Pd

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