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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2014 alle ore 12:19.
L'ultima modifica è del 16 febbraio 2014 alle ore 13:21.

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Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni. (LaPresse)Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni. (LaPresse)

«Credo che la continuazione delle cose fatte sia importante, e si può cercare di accelerare il passo. Ma attenti: quando si cambia il passo il primo effetto è che ci si ferma pensando a quale passo bisogna assumere». Così il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, intervistato da Maria Latella a L'Intervista di Skytg24, ha commentato la crisi di governo e l'arrivo di un nuovo governo guidato da Matteo Renzi.

Via fiscal compact? Nessun Paese lo chiede
Saccomanni ha poi definito «sterile» la polemica sul superamento del tetto del 3% del deficit/Pil («l'Italia ha un alto debito e se noi sfondiamo il 3% il debito tornerà a crescere»). Quanto alla richiesta di modifica del Fiscal Compact, «si può sempre provare, ma la situazione di partenza non è molto incoraggiante: nessun paese lo ha chiesto e l'Italia ha messo il trattato in Costituzione». Messaggi indiretti a Renzi che aveva chiesto di ridiscutere il parametro del 3%.

Paese vuole risultati,ma alcuni ci sono già stati
Il ministro dell'Economia dimissionario ha rivendicato i risultati realizzati dal governo Letta.«Capisco l'esigenza di voler vedere dei risultati, capisco meno il non voler leggere dei risultati che già ci sono stati», ha detto Saccomanni, che ha ricordato: «quando siamo arrivati al governo avevamo un'economia che si contraeva al tasso del 2%, adesso il nuovo governo prenderà un'economia che cresce dello 0,1%, è poco ma comunque significativo». Inoltre la situazione sui mercati finanziari «è molto più positiva», perché «oggi il Tesoro si finanzia a un costo medio inferiore al 2%'». Anche le agenzie di rating «finalmente si sono accorte» della nuova situazione.

Italia grande petroliera, ci vuole lavoro costante
Secondo il ministro si è creata nel paese una situazione di crescente impazienza perché «si vogliono vedere risultati rapidi per la crescita dell'economia, per l'assorbimento della disoccupazione giovanile. Si tratta di esigenze che io condivido e per le quali mi sono io stesso battuto». Saccomanni ha sottolineato però la necessità dei piccoli passi per realizzare risultati duraturi. «Bisogna anche capire che l'Italia è come una grande petroliera che non può virare in un momento. Ci vuole un lavoro costante che sta producendo i risultati che volevamo e che deve poter continuare». Di qui la necessità che «si facciano le cose che noi abbiamo già impostato: sul piano del rilancio dell'attività economica che sul piano delle riforme strutturali».

Dall'austerità allo sviluppo
E ha ricordato, fatti salvi i vincoli di bilancio, di aver già chiesto per l'Italia di riequilibrare la politica europea dall'austerità allo sviluppo. «Posso dire che in questi mesi - ha detto il ministro Saccomanni che domani sarà a Bruxelles per l'Ecofin - ho lungamente discusso con i colleghi europei sulla necessità di dare un segnale forte di cambio di strategia passando dalla linea di austerità e necessità di consolidare le finanze pubbliche ad una linea di sostegno di una crescita per la lotta alla disoccupazione giovanile».

Giudizio Moody's poteva arrivare già estate
Qunato al giudizio positivo di Moody's sull'Italia (che ha modificato ll'altroieri l'outlook da negativo a stabile, ndr) «poteva venire prima, poteva essere opportuno alla fine dell'estate, già a luglio e agosto era chiaro che la finanza pubblica era in ordine, c'era il consenso europeo e che non c'era più nessun rischio sulla finanza pubblica». Lo ha detto il ministro spiegando comunque «di non essere un grande estimatore delle agenzie di rating».

Disappunto per critiche di Squinzi
Saccomanni ha manifestato infine il suo rincrescimento per le critiche del leader di Confindustria, Giorgio Squinzi, all'azione del governo. «Ho provato disappunto, e l'ho detto anche a Squinzi», ha detto il ministro dell'Economia, che ha aggiunto: «Come sindacato degli imprenditori - ha detto - Confindustria ha tutto il diritto di chiedere, ma quando si pone come interlocutore deve anche indicare cosa il mondo delle imprese può fare per superare gli squilibri strutturali: dalla sottocapitalizzazione all'incapacità di competere»

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