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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2014 alle ore 17:10.
L'ultima modifica è del 21 febbraio 2014 alle ore 07:18.

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La guerra riesplosa a Kiev, dopo una finzione di tregua nella notte di mercoledì, cresce di intensità. E conta ormai decine di morti, cento secondo quanto ha riferito alla Cnn il responsabile dell'assistenza medica del fronte dei manifestanti. I feriti sarebbero 500, secondo la stessa fonte. Il bilancio del ministero della Salute di Kiev, riportato da Russia Today, parla invece di 64 persone morte da stamattina nelle violenze e di 550 feriti. Rispetto alle settimane passate, una soglia è stata varcata nel confronto tra forze dell'ordine e manifestanti: si muore per colpi di arma da fuoco. Sugli scontri è intervenuta anche la Casa Bianca: «Il presidente ucraino Viktor Yanukovich deve ritirare immediatamente la sue forze di sicurezza e rispettare il diritto a una pacifica protesta». Poi il presidente americano, Barack Obama, ha avuto un colloquio telefonico con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, per fare il punto sulla situazione. I due leader - informa la presidenza Usa - si sono detti d'accordo per sostenere «una fine immediata delle violenze e una soluzione politica che sia nell'interesse del popolo ucraino».

Il ministero degli Interni ha autorizzato i propri uomini - gli agenti antisommossa Berkut - a sparare per autodifesa, e per liberare 67 agenti caduti in ostaggio dei manifestanti. Armi da combattimento hanno preso il posto dei cannoni ad acqua e dei lacrimogeni. Armi pesanti sono ormai in mano anche ai manifestanti. Da una parte e dall'altra si dà la caccia a cecchini appostati sui tetti degli edifici presso la piazza dell'Indipendenza, il Maidan cuore della rivolta. I corpi, denunciano i testimoni, hanno ferite di arma da fuoco alla testa e in fronte, non si spara alle gambe.

Nel cuore degli scontri, i ministri degli Esteri della trojka composta dal francese Laurent Fabius, il tedesco Frank-Walter Steinmeier e il polacco Radoslaw Sikorski hanno avuto un incontro durato più di quattro ore con il presidente Viktor Yanukovich: ma non nel palazzo presidenziale, evacuato per motivi di sicurezza insieme ad altri edifici governativi. Fonti europee citate dalla Reuters attribuiscono ai tre ministri una speranza di compromesso tra le autorità ucraine e l'opposizione, che forse ha anche a che vedere con una telefonata tra Yanukovich e Vladimir Putin. In seguito alla quale da Mosca è partito per Kiev il responsabile di Putin per i diritti umani, Vladimir Lukin, incaricato di mediare nei negoziati tra il governo e l'opposizione. Al termine dell'incontro i tre ministri hanno rinviato la partenza per Bruxelles, e venerdì saranno ancora a Kiev per mettere a punto una roadmap proposta al presidente: un governo di transizione che conduca a elezioni presidenziali anticipate. La trojka europea parla di "progressi" ma le distanze, ammette, sono ancora considerevoli.

Il fronte di Yanukovich intanto registra alcune defezioni. A partire dal sindaco di Kiev, Volodymyr Makeyenko, che ha lasciato il partito delle Regioni a cui fa capo il presidente, mentre dieci deputati del partito hanno sottoscritto una dichiarazione in cui invitano gli agenti del Berkut e la polizia a non rispettare la direttiva criminale con cui vengono autorizzati ad aprire il fuoco sui manifestanti, condannando «le azioni violente che portano a una escalation del conflitto armato».

In serata la Rada Suprema (il Parlamento ucraino) ha bocciato l'avvio di una massiccia operazione amti-terrorismo, annunciata ieri dal capo dei servizi di sicurezza (Sbu) Alexandr Yakimenko e diretta a colpire le frange più estremiste dell'opposizione, cui avrebbe partecipato anche l'esercito. Le forze armate, il cui intervento é temuto da tutti in Occidente, sono invece finora rimaste nelle caserme sin dall'inizio della crisi. La loro discesa in campo, oltre a decidere le sorti del confronto, potrebbe anche portare ad una richiesta di intervento da parte del presidente Viktor Yanukovich, delle truppe dell'amica Russia. Un copione già visto in passato.

E nella notte un pullman con dentro una sessantina di giovani soldati del ministero dell'Interno, per lo più ragazzi di 18-20 anni, è stato preso d'assalto da un gruppo di manifestanti nel centro di Kiev, in via Khmelnitski. Lo riferisce l'Ansa. Il bus è stato presto circondato da centinaia di persone: tra la folla c'era chi voleva picchiare i soldati e farli prigionieri e chi voleva lasciarli andare per via della loro giovane età. Due insorti minacciavano con delle asce i ragazzi dentro il pullman, alcuni dei quali erano in lacrime. Alla fine, in difesa dei poliziotti sono intervenuti il miliardario e deputato dell'opposizione Petro Poroshenko, la cantante Ruslana e due preti. I giovani sono stati lasciati scendere dal bus e sono stati scortati da una catena umana di manifestanti per un paio di chilometri, fino a un altro pullman del ministero dell'Interno sul quale sono potuti andar via.

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