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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2014 alle ore 11:48.
L'ultima modifica è del 27 febbraio 2014 alle ore 14:10.

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La nuova legge elettorale deve garantire governi stabili. E serve una seconda Camera di contrappeso. A sottolinearlo è il presidente della Consulta Gaetano Silvestri, presentando la relazone annuale della giurisprudenza costituzionale. Il 4 dicembre la Corte costituzionale ha bocciato il sistema elettorale precedente, il cosiddetto "Porcellum". A seguito del colpo di spugna, se si andasse ora alle elezioni si dovrebbe applicare un sistema proporzionale, con la possibilità di esprimere una preferenza.

Inizierà martedì pomeriggio l'esame della riforma elettorale in Aula alla Camera. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo riunitasi oggi. L'ok di Montecitorio arriverà in settimana: sul testo si è già svolta la discussione generale, sono state votate le pregiudiziali e i tempi sono contingentati. Le parole di Silvestri avranno comunque un peso sul percorso parlamentare dell'Italicum.

La legge elettorale deve garantire governi stabili
Secondo Silvestri, la legge elettorale «deve prevedere un meccanismo di trasformazione dei voti in seggi che, pur assicurando la necessaria rappresentanza alle diverse articolazioni della società civile, miri a rendere possibile la formazione di governi stabili, fondati su maggioranze non fluttuanti».

Serve una seconda Camera di contrappeso
«Se non si introduce nel processo legislativo nazionale il contrappeso delle Autonomie territoriali i conflitti scoppiano dopo», sottolinea il presidente della Consulta. «Serve una seconda Camera di contrappeso».

Nel mirino della Consulta le liste bloccate
Uno dei punti critici che ha portato alla sentenza di bocciatura della Consulta, spiega ancora il presidente della Corte costituzionale nella sua relazione, è «quello delle liste cosiddette bloccate (che permangono nell'attuale versione del Porcellum, ndr)». Questo tipo di liste, prosegue, «contengono elenchi spesso assai lunghi di candidati, difficilmente conoscibili dai cittadini elettori, con il risultato che 'manca il sostegno dell'indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione».

... e l'abnorme premio di maggioranza
Nel mirino della Consulta anche il premio di maggioranza del Porcellum: «la previsione di un cospicuo premio di maggioranza senza la fissazione di una soglia minima per la sua applicazione deve essere considerata - si legge ancora nell'intervento - come una disciplina manifestamente irragionevole che comprime la rappresentatività dell'assemblea parlamentare, attraverso la quale si esprime la sovranità popolare, in misura sproporzionata rispetto all'obiettivo perseguito, incidendo anche sull'eguaglianza del voto».

Il titolo V rivela ogni giorno di più la sua inadeguatezza
Ieri da Catania il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricordato che «questo governo ha scandito con forza il proprio impegno alla riforma del titolo V, una riforma delle riforme. Cosa eccezionale perchè è già difficile fare le riforme e c'è una necessità acuta di correzioni». Il giorno dopo Silvestri sottolinea che «il titolo V della seconda parte della Costituzione rivela ogni giorno di più la sua inadeguatezza». La Consulta segnala a questo proposito «due esigenze tra loro complementari: da un lato è indispensabile una energica semplificazione dei criteri di riparto delle competenze, dall'altro si impone il rafforzamento di luoghi istituzionali di confronto, allo scopo di restituire alla politica mezzi più efficaci per governare i conflitti centro-periferia, senza attendere aggiustamenti e rattoppi dal giudice delle leggi».

La Consulta non ha suggerito un modello di legge
Silvestri ricorda infine che la Consulta con la sentenza di dicembre non ha delineato una soluzione alternativa al Porcellum: «Questa corte non ha esposto una propria formula elettorale, né avrebbe potuto farlo, ma si é limitata a dichiarare costituzionalmente illegittime alcune norme della legge elettorale oggetto di censura da parte della corte di Cassazione».

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