Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2014 alle ore 08:15.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 13:56.

My24

La matassa s'ingarbuglia, ma Renzi è animato da ammirevole tenacia. Il suo schema d'azione è semplice. Da un lato ammettere tutto ciò che non va e al tempo stesso promettere un grande cambiamento. Dall'altro, stabilire un netta distanza fra sé e il mondo politico: gli elettori devono vedere la differenza e soprattutto non devono pensare che il giovane premier abbia qualcosa in comune con i palazzi romani.

È un'operazione rischiosa che richiede notevoli doti di equilibrismo. A parte la straordinaria ambiguità dei nuovi accordi sulla riforma elettorale, figli a loro volta del doppio gioco condotto dal premier fra Berlusconi e Alfano, la giornata di ieri ha portato parecchie spine. La Commissione europea, per bocca di Olli Rehn, ha richiamato tutti alla dura realtà dei numeri, battendo dove il dente duole: la necessità di ridurre il debito pubblico. Proprio il tema su cui finora Renzi è stato piuttosto evasivo e si può capirlo.
Porre il problema del debito, anzi giudicare le riforme annunciate solo in relazione alla guerra contro il debito, significa mettere subito con le spalle al muro il nuovo governo. Di fatto siamo stati bocciati, per non dire declassati. Dal che si deduce che la mossa europea ha soprattutto un risvolto politico. Serve a mettere in guardia senza tanti complimenti il capo dell'esecutivo italiano: l'uomo che nei giorni scorsi aveva fatto capire, in modo generoso ma un po' velleitario, di voler allargare i vincoli dell'Unione. Ora gli viene detto: pensa a mettere a posto i conti in casa tua, perché sono in disordine, ed evita di darti per adesso obiettivi troppo ambiziosi.

A questo ruvido rimbrotto, Renzi ha risposto con saggezza usando il solito "Twitter", il suo strumento mediatico preferito. «I numeri sono duri, ma noi dobbiamo cambiare». Nessuna polemica, ma il rinvio ai fuochi artificiali della prossima settimana: quando nell'agenda sono previsti il cosiddetto "Jobs Act", il rilancio della scuola, il piano casa. Ora non è chiaro quale sia il nesso fra questi provvedimenti allo studio e il monito europeo sul debito. Quanto meno si tratta di piani sfalsati. Renzi pensa a introdurre stimoli per il sistema economico, il commissario Rehn vuole vedere subito i risultati anti-debito. Da realizzare, è chiaro, solo con drastici tagli della spesa. E su questo punto assai spinoso finora il nuovo premier si è limitato a rinviare al lavoro di Cottarelli.
Sembra di sentire due linguaggi diversi, ma il segnale d'allarme per Renzi è indiscutibile. L'Europa non ha voglia di dargli una mano. Vedremo se un aiuto potrà venire dalla Banca centrale e dalle misure anche monetarie che saranno adottate. Senza dubbio il sentiero resta stretto per il premier. Il quale ama molto gli incontri periodici con le scuole, cioè con i bambini da cui riceve una facile ovazione. Giusto porre al centro la questione dell'educazione nazionale, proprio come fece Tony Blair all'inizio del suo cammino. Può essere un'assoluta priorità nazionale, intorno alla quale mobilitare le risorse della nazione. Ovvero può essere solo un'astuzia per crearsi una facile popolarità.
È presto per dirlo e non si può fare un processo alle intenzioni. Quel che è certo, non è solo di popolarità che Renzi ha bisogno. I macigni che cadono sulla sua strada (dalla legge elettorale al monito dell'Europa) gli ricordano che non ci sono scorciatoie al duro lavoro. E al realismo.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi