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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2014 alle ore 06:41.

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«La mia priorità è il rilancio del nostro manifatturiero: serve un vero Industrial compact italiano, che miri a portare al 20% la componente industriale del Pil».
Obiettivo ambizioso ministro Guidi (nella foto) anche perché lei è passata da un'impresa alla guida dello Sviluppo in una delle fasi storiche più difficili del l'industria nazionale...
Lo so, ma io ci credo, possiamo farcela. Ed è stato uno degli argomenti che ho affrontato lunedì al vertice bilaterale con il ministro tedesco Sigmar Gabriel. Con la Germania siamo d'accordo sulla necessità di stimolare l'Europa a far sì che tutti gli indirizzi e le iniziative macroeconomiche siano accompagnate da un'analisi degli impatti sulla competitività delle imprese.
Uno dei principali timori dell'industria è il nuovo quadro di regole Ue al 2030 su ambiente e energia.
Gli impegni su ambiente e green economy sono un vantaggio competitivo da spendere in giro per il mondo, ma tutto va fatto nei tempi, nei modi e con dei costi ragionevoli. Non dobbiamo appesantirci di oneri impropri.


Ministro Guidi, il precedente governo non aveva neppure una posizione unitaria sulla questione delle emissioni...
Non guardo indietro. Dico che sulla conferenza clima-energia l'Europa non può procedere con un'assunzione di responsabilità unilaterale che non tenga conto di impegni di altre potenze come l'India, la Cina, gli Usa e di un contesto mondiale in cui la competitività si gioca anche su barriere tariffarie e disomogeneità regolamentari. Su tutto questo, ed è un altro punto condiviso nel vertice con la Germania, occorre un piano europeo per evitare di appesantirci di oneri impropri.
Nel dettaglio a che cosa punta l'Italia?
Possiamo accettare l'obiettivo di riduzione del 40% di Co2, anche se riteniamo che sarebbe stato meglio contenerlo. Sul 27% di quota delle rinnovabili, invece, ad ogni Paese deve essere consentito raggiungere il target in autonomia rispetto alle scelte tecnologiche.
L'impegno con la Ue sull'industria rischia però di sembrare inutile senza riforme strutturali sul piano interno. Quali mette in cima alla lista?
È giusto partire, come abbiamo fatto, dalla semplificazione dell'accesso al mondo del lavoro. Stiamo lavorando inoltre per dare nuovo supporto al credito, per rilanciare gli investimenti, sia privati che pubblici, per tagliare la bolletta elettrica alle Pmi, per cancellare una stortura ingiustificabile come i mancati pagamenti della Pa. E con la manovra Irpef-Irap abbiamo dato un segnale importante sul fisco.
Non ritiene che andava irrobustita la componente di riduzione fiscale che va a diretto beneficio delle imprese?
Nel mondo ideale si sarebbe potuto certamente fare di più. Sinceramente però credo che ci sia stato un giusto bilanciamento, perché le imprese possono beneficiare di un intervento, anche se parziale, sull'Irap ma anche del taglio dell'Irpef che significa dare maggiore capacità di spesa e quindi sostenere la ripresa del mercato interno, il grande assente di questi anni.

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