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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2014 alle ore 07:28.
L'ultima modifica è del 20 marzo 2014 alle ore 08:12.

Inizialmente molto bellicoso nei confronti dei vincoli del fiscal compact, Renzi si è dovuto confrontare con la posizione di Angela Merkel. Come chiarito nel vertice di Berlino di lunedì, non farà molta differenza, almeno nella valutazione della cancelliera, se il deficit italiano quest'anno si attesterà al 2,6 o al 2,8-2,9%, a patto che però il nostro Paese rispetti il percorso di rientro del debito delineato dal Fiscal compact.
Ma che cos'è il fiscal compact e perché minaccia l'Italia?
E' un accordo approvato con un trattato internazionale il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri della Ue, ed entrato in vigore il 1º gennaio 2013. Per l'Italia a firmarlo è stato l'allora premier Mario Monti.
All'Italia il Fiscal Compact fa paura perché chiede che dall'anno prossimo venga ridotta di un ventesimo la parte del rapporto debito pubblico/Pil che supera il 60%. Il che si traduce (a parametri di debito, Pil e inflazione invariati) in manovre da oltre 50 miliardi di euro l'anno. Sarebbe un massacro, per usare un francesismo.
Come evitare finanziarie recessive "lacrime e sangue" di questo tipo? Le leve non sono molte: ci vuole una crescita a ritmi sostenuti (diciamo "americani") assieme a un'inflazione degna di questo nome. Ma l'Italia, come sappiamo, da vent'anni cresce meno del resto d'Europa, al lordo delle riforme promesse da Renzi. Quanto alle manovre espansive per ridare fiato all'inflazione, o almeno per evitare la deflazione, al momento la Bce è sorda. Anche se l'euro oscilla intorno a quota 1,4 contro il dollaro.
Più in dettaglio, come ha osservato Carlo Bastasin sul Sole 24 Ore, se l'Italia avesse il 120% di rapporto debito-Pil e una crescita nominale del 3% (per esempio una crescita reale dell'1% più un'inflazione del 2%), Renzi non avrebbe bisogno di manovre restrittive: il debito scenderebbe automaticamente da solo. Ma se il debito invece che al 120% sale verso il 140%, ridurre di un ventesimo l'eccesso di debito richiederebbe un taglio del 4% annuo. Se la crescita reale è dell'1% e l'inflazione del 2% serve aggiungere ancora, per almeno cinque anni, una manovra restrittiva dell'1%. Se, come prevede la stessa Commissione, la crescita è inferiore e l'inflazione è vicina all'1% allora la manovra correttiva è pari ad almeno pari ad almeno 2 punti di Pil.
E' anche vero che il fiscal compact prevede deroghe per quelli che vengono definiti «fattori rilevanti». La scommessa di Renzi sembra appunto quella di ridare fiato alla crescita attraverso il varo di difficili riforme strutturali per ottenere un ammorbidimento dei ferrei vincoli dell'accordo.
Ma riepiloghiamo i principali punti del fiscal compact:
1. obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio;
2. obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del Pil (e superiore all'1% per i paesi con debito pubblico inferiore al 60% del Pil);
3. significativa riduzione del debito pubblico al ritmo di un ventesimo (5%) all'anno, fino al rapporto del 60% sul Pil nell'arco di un ventennio;
4. obbligo per ogni Stato di garantire correzioni automatiche con scadenze determinate quando non sia in grado di raggiungere altrimenti gli obiettivi di bilancio concordati;
5. l'impegno a inserire le nuove regole in norme di tipo costituzionale o comunque nella legislazione nazionale;
6. obbligo di mantenere il deficit pubblico sempre al di sotto del 3% del Pil, come previsto dal Patto di stabilità e crescita: in caso contrario scatteranno sanzioni semi-automatiche.
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