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Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2014 alle ore 08:29.
L'ultima modifica è del 21 marzo 2014 alle ore 17:40.

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Sul Bosforo anche un tweet è visto con sospetto. La Turchia ha bloccato l'accesso a Twitter ieri sera, poche ore dopo l'ennesima minaccia del primo ministro turco filoislamico moderato, Recep Tayyip Erdogan, di vietare l'uso del social network che ha pubblicato alcune intercettazioni telefoniche che lo coinvolgono mentre parla con il figlio nel più grave scandalo di corruzione della Turchia moderna.

«Cancelleremo Twitter. Non mi interessa ciò che la comunità internazionale possa dire», ha affermato sicuro di sé Erdogan davanti a migliaia di sostenitori in un comizio elettorale a dieci giorni delle elezioni comunali del 30 marzo. Per il commissario europeo per le nuove tecnologie, Neelie Kroes, si tratta di censura. «Il blocco di Twitter in Turchia - ha scritto in un tweet - é senza fondamento, inutile e vile. Il popolo turco e la comunità internazionale vedranno questo come una censura. È davvero il caso». Il cofondatore del social network Jack Dorsey ha inviato questa mattina un messaggio agli utenti turchi spiegando come aggirare il blocco della rete sociale imposto la notte scorsa. In un tweet sull'account ufficiale della rete sociale (@policy), riferisce Hurriyet online, Dorsey ha consigliato di inviare sms dai cellulari attraverso gli operatori Avea e Vodafone, iniziando con Start e indirizzandoli rispettivamente ai numeri 2444 e 2555.

La crisi politica
Il problema è che Erdogan sta cercando di far passare il messaggio che ci sia un complotto internazionale contro la Turchia. Aveva già parlato in passato ai tempi della rivolta di Gezi Park a giugno di forze straniere che «manovrano i tassi di interesse» per giustificare il crollo della lira e il rialzo dei tassi sui bond governativi.
In realtà la Turchia necessita di 6 miliardi di dollari al mese dall'estero, in media, per finanziare la sua economia ma gli ultimi preoccupanti dati sul deficit commerciale hanno indotto gli investitori a ritenere che vi sia in atto un deterioramento delle partite correnti. Inoltre i tassi di interesse reali sembrano, anche dopo il rialzo, essere troppo bassi rispetto al disavanzo delle partite correnti. Insomma la Turchia, come suggerisce Kemal Dervish, ex ministro dell'Economia turco, deve fare delle riforme strutturali per ammodernarsi, non accusare presunti complotti inesistenti.

Sono questi i problemi reali che, insieme al tapering della Fed che ha colpito tutti gli emergenti, hanno indebolito l'economia della Turchia. Anzi l'atteggiamento di sfida continua al mondo, condotto dal premier Erdogan, spaventa ulteriormente i mercati che temono soprattutto l'instabilità politica.

Ora le elezioni prossime amministrative di marzo rischiano di diventare un referendum personale su Erdogan, in vista delle elezioni presidenziali di agosti e di quelle politiche nel 2015.

Nel 2009 l'Akp scese al 38% salvo poi rimbalzare al 49,7% nelle politiche del 2011. Se il voto di marzo fosse negativo per Erdogan questo insuccesso potrebbe costringerlo a rivedere la sua candidatura alla presidenza della Repubblica previste ad agosto, dopo aver dovuto rinunciare alla modifica costituzionale del presidenzialismo a causa delle proteste di Gezi Park. Allora per Erdogan sarebbe l'inizio di un lento declino.

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